Autostrade a confronto, ecco le differenze tra l’Italia e il resto Europa
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È di pochi giorni fa la notizia che un accordo tra il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e Autostrade per l’Italia è stato firmato per chiudere la procedura avviata nel 2018 a seguito del crollo del ponte Morandi di Genova.
Le condizioni che il Consiglio dei Ministri aveva posto il 14 luglio 2020 sono state tutte recepite. Confermata quindi l’esecuzione di 3,4 miliardi di misure per la collettività (di cui 1,4 miliardi di euro a interventi a favore della comunità ligure) e 13,6 miliardi destinati a investimenti sull’intera rete.
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IN ITALIA UNA PUBLIC COMPANY, DOPO DECENNI DI PRIVATIZZAZIONE
In risposta al disastro del Morandi, era iniziato un braccio di ferro tra lo Stato e i concessionari autostradali che erano responsabili della gestione e manutenzione del viadotto. Dopo oltre 20 anni sotto l’egida dei Benetton, il governo aveva poi annunciato di aver raggiunto un accordo con Aspi.
La rete autostradale quindi è passata ad essere una public company tramite l’acquisizione dell’88,06% del pacchetto azionario di Atlantia da parte consorzio guidato da Cassa depositi e prestiti.
PAESE CHE VAI, AUTOSTRADA CHE TROVI
Ma come vengono gestite le autostrade nel resto d’Europa?
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L’Osservatorio Cpi ha raccolto i dati, emerge che la maggior parte delle autostrade in Europa sono nate grazie all’impegno di fondi pubblici. L’intervento dello Stato nelle infrastrutture è però andato via via ad assottigliarsi, a causa anche dei debiti che hanno favorito i capitali privati.
Alcuni Paesi, come la Germania mantengono una rete autostradale quasi interamente pubblica, mentre in Francia l’infrastruttura è stata opera di società private.
Ecco quali sono i modelli principali.
IN SPAGNA RESISTONO I BENETTON
Nata grazie alla garanzia dei prestiti statali, la rete autostradale spagnola è stata interamente costruita da privati. Negli anni Settanta lo Stato ha nazionalizzato alcune delle società, che sono però tornate private nel 2003. In Spagna opera Abertis, azienda di cui i Benetton controllano la maggioranza.
Attualmente il pedaggio è previsto solo sul 20% della rete con tratte specifiche in cui si applicano tariffe di cogestione. I pedaggi vengono definiti dal ministero dei Lavori pubblici.
GERMANIA, 13 MILA CHILOMETRI PUBBLICI
Le Autobahn tedesche, che misurano un totale di 13 mila chilometri (in Italia siamo a poco più di 6 mila), sono state finanziate con risorse provenienti dal bilancio statale.
Dal 1994 è prevista la possibilità che privati possano costruire e gestire tratte specifiche (ad esempio ponti o tunnel, con pedaggio). In questo caso, il finanziamento è al 50% statale e per il resto remunerato da pedaggi.
Solo nel 2005 il pedaggio basato su un sistema di rilevamento satellitare è stato introdotto per i veicoli con massa a pieno carico superiore alle 12 tonnellate.
GRAN BRETAGNA, SI PAGA IN BASE AL SERVIZIO
Nel Regno Unito l’accesso alle autostrade è completamente gratuito, con qualche eccezione. Fino dagli anni Novanta tutte le infrastrutture sono state realizzate dallo Stato. Tra il 1994 e il 2013, sono stati portati a termine 13 progetti finanziati da privati, la cui concessione dura al massimo 30 anni.
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La remunerazione dei concessionari si basa però sulla qualità del servizio, il livello di sicurezza e la congestione del traffico. Solo per 15 tunnel e ponti in tutto il Paese sono previsti pedaggi e le tariffe vengono calcolate anche sulla base di parametri quali la velocità media di percorrenza dei veicoli.
IN PORTOGALLO PAGA LO STATO
Il Portogallo ha una gestione diversa: le autostrade sono infatti in concessione ai privati, ma il pedaggio è a carico dello Stato.
Ai gestori viene quindi garantita una remunerazione “ombra” che si basa su parametri che tengono conto, tra gli altri, dei livelli di traffico e il numero di corsie.
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