Cosa succede se la Cina diventa il primo esportatore di auto al mondo
Pechino è il maggior produttore mondiale di auto, ma ora mira a diventare anche il primo esportatore, soprattutto di veicoli elettrici. Per l'Europa è una sfida.
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La Cina non è più soltanto il primo mercato mondiale di produzione e vendita del settore automotive, sta rapidamente diventando il principale esportatore, soppiantando produttori europei e asiatici.
“È una scossa tellurica del mercato globale dell’auto, specie se consideriamo che il 60% dei Nev (new energy vehicles) sono in Cina”, commenta Alberto Guidi, ricercatore ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale).
LE ESPORTAZIONI CINESI
Le esportazioni di automobili da parte della Cina sono ora solo di un soffio (circa 80.000 unità) dietro a quelle della Germania (la cui quota di mercato è calata negli ultimi anni), ma hanno ormai distanziato i diretti inseguitori (Corea del Sud e USA).
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Questo vuol dire che il gigante asiatico è in procinto di diventare il secondo esportatore mondiale di autoveicoli (dietro al Giappone): un traguardo che potrebbe rimodellare l’industria automobilistica globale e innescare nuove tensioni con partner e rivali commerciali.
MEDIORIENTE E AMERICA LATINA, CON LO SGUARDO ALL’EUROPA
Spiega Guidi: “Le esportazioni sono rivolte principalmente a Medioriente e America Latina. I cinesi hanno però l’obiettivo di arrivare al mercato europeo, tramite acquisizioni di importanti marchi come Volvo e Lotus e l’ingresso di marchi cinesi come Byd, già presente in 7 mercati europei e che vorrebbe aprire fabbriche in Europa”.
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Il mercato russo è al momento meno rilevante, nonostante le dimensioni, a causa delle sanzioni.
IL CONTROLLO DELLA FILIERA ELETTRICA
Inoltre la Cina ha lavorato molto sulla sua catena di approvvigionamento: “Gli Oem nazionali ora producono quasi tutte le parti, comprese quelle che importavano fino a circa un decennio. Nel campo delle batterie per i veicoli elettrici, poi, sono leader. Catl sta aprendo nuove fabbriche in Europa e la sua capacità produttiva nel vecchio continente sarà superiore a quella di qualsiasi altro Paese”, commenta Guidi.
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La strategia lungimirante del governo cinese è stata quella di controllare tutta la filiera dell’elettrico: ora, nei primi 10 produttori di batterie per auto elettriche al mondo, 6 sono cinesi e rappresentano il 55% del mercato. Questo dà un grosso vantaggio competitivo alla Cina, dati anche gli impegni verso l’elettrificazione presi in Europa e negli Usa.
IL PROTEZIONISMO USA E I RISCHI PER L’EUROPA
Se entrambi i lati dell’Atlantico puntano a elettrificare, c’è però una sostanziale differenza nelle politiche di Usa e Eu.
L’Inflation Reduction Act americano esclude dai sussidi statali, a partire dal 2023, i veicoli con componenti della batteria fabbricati o assemblati in un’entità straniera di interesse. E, dal 2024, i veicoli prodotti con minerali critici estratti, lavorati e riciclati in un’entità straniera di interesse. Al momento manca una definizione di “entità straniera di interesse”, ma senz’altro, la Cina rientra in questa categoria.
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“È una misura protezionistica per cui gli incentivi, sia lato produttore sia lato consumatore vengono dati solo a prodotti americani”, spiega Guidi. In Europa non esiste nulla di simile: “Da un lato c’è più rispetto delle norme che regolano il commercio internazionale, dall’altro è difficile coordinare le politiche industriali di 27 Paesi diversi”, conclude l’esperto.
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