Cina: la politica Covid-zero blocca l’automotive e l’economia
Sono 400 milioni i cinesi in lockdown in 45 grandi città. Solo a Shanghai, principale polo manifatturiero del Paese, dove si produce il 6% dell’export, le persone in isolamento sono 25 milioni. Il governo prosegue in una rigidissima politica “Covid-zero”, dei cui risente anche l'automotive.
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Dalla fine di marzo Shanghai, capitale finanziaria della Cina, , dove si produce il 6% dell’export, si trova alle prese con un nuovo lockdown. Mentre l’Europa (Italia compresa) si libera dalle restrizioni, il governo cinese ha scelto di proseguire con la politica “Covid-zero”.
Sono 400 milioni i cinesi in lockdown in 45 grandi città. Solo a Shanghai le persone in isolamento sono 25 milioni. Si stima che a causa delle restrizioni anti contagio la Cina stia rinunciando al 3,1% del Pil al mese.
Bastano pochi casi di positività, a volte meno di una decina, per instaurare nuove chiusure, di interi quartieri o città. E a risentire delle imposizioni è anche l’industria, compresa quella automotive, che in Cina conta numerosi stabilimenti produttivi.
COVID-ZERO: L’IMPATTO SULL’AUTO
Il nuovo lockdown cinese ha costretto i brand dell’automotive ad adattarsi a misure estreme per proseguire il lavoro degli stabilimenti o ad arrestare la produzione, rischiando ulteriori ritardi nelle consegne di componenti e veicoli (già attardati dal chip shortage e dalla crisi dei trasporti).
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Lo stabilimento Bosch lavora con il personale al minimo. Stop anche per la joint venture SAIC Volkswagen, a corto di personale e di componentistica. Lockdown sono stati imposti anche agli stabilimenti Toyota di Changchun e Tianjin.
CLOSED-LOOP SYSTEM
Per rispettare i rigidissimi protocolli anti Covid e riuscire a tenere aperta la produzione, Tesla e altre aziende stanno adottando la politica industriale del “closed-loop system”.
Per massimizzare la produzione e ridurre al minimo il rischio di infezione gli operai non lasciano praticamente mai il luogo di lavoro e dormono in fabbrica. Da quando le fabbriche hanno ricevuto il permesso di far ripartire la produzione, più di 600 aziende hanno adottato questo modello.
GM ha adottato questa soluzione – già messa in moto dal governo in occasione delle Olimpiadi di Pechino – facendo sì che i dipendenti dormano e vivano sul luogo di lavoro, in isolamento dal resto del mondo per prevenire possibili contagi. La produzione, dicono dalla fabbrica da cui escono veicoli Buick, Cadillac e Chevrolet, è così inalterata.
Come riporta Bloomberg, gli operai di Tesla rientrati in fabbrica dopo lo stop del 28 marzo sono chiamati a recuperare il tempo perduto, lavorando 12 ore al giorno, sei giorni alla settimana.
CONSEGUENZE GLOBALI
Shanghai è un’area nevralgica dell’economia mondiale:
- principale polo manifatturiero cinese
- Il suo porto è il più grande del mondo nella movimentazione di container e il più importante della Cina per le esportazioni
Malgrado la riapertura di alcune fabbriche, i danni potrebbero già essere irreparabili e causeranno un’incertezza dei mercati che potrebbe prolungarsi per tutto il 2022.
Una situazione tragica, anche dal punto di vista umanitario, che potrebbe mettere a repentaglio tutti i mercati, dal tech alle gigafactory.
Con i poli produttivi bloccati, il porto rallentato e la penuria di componenti necessari alle industrie occidentali, facile prevedere un nuovo rialzo dei prezzi anche nel resto del mondo e in Italia, come già visto con la chip shortage.
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