Case Automobilistiche: da OEM a “mobility solution provider”. Ma conviene?
In questo articolo
- IL PRIMO ASSAGGIO DI "MOBILITY ON DEMAND"
- LE SOLUZIONI "INTELLIGENTI" ALLO STUDIO DI FORD
- GRAZIE A PSA, "SEMPLICEMENTE LIBERI DI MUOVERSI"
- MOIA: "A CHIAMATA" E LADDOVE VE NE SIA BISOGNO
- LE POSSIBILI RAGIONI DIETRO ALLA CONVERSIONE IN MOBILITY SOLUTION PROVIDER
- QUALI RAPPORTI CON LE SOCIETÀ DI NOLEGGIO?
- MOBILITÀ CONDIVISA: LE PROSPETTIVE PER IL FUTURO
Un tempo potevano essere etichettate ricorrendo al semplice acronimo inglese OEM (Original Equipment Manufacturer), che ne rimarcava la natura di produttori delle componenti utilizzate sul modello appena uscito dalla catena di montaggio.
La lettura del periodo storico, caratterizzato da una evidente accelerazione sul piano dello sviluppo tecnologico, sta però inducendo sempre più le Case costruttrici del settore automotive ad abbandonare quella dizione per abbracciarne una più ampia e omni-comprensiva: Mobility Solution Provider, ossia fornitori di soluzioni di mobilità a 360 gradi.
Parliamo quindi non solo di mezzi meccanici, ma di una galassia di servizi in linea con l’evoluzione del paradigma nel mondo dei trasporti, che si annuncia all’insegna di quattro aggettivi: autonomo, condiviso, connesso ed elettrico (in mero ordine alfabetico).
Una transizione, quella da “car makers” a “hub della mobilità”, accompagnata talora dalla creazione di società sussidiarie.
IL PRIMO ASSAGGIO DI “MOBILITY ON DEMAND”
In principio troviamo la tedesca Daimler, che nell’estate del 2013, a cinque anni dall’avvio delle sperimentazioni in Germania, ha portato anche in Italia il car sharing car2go, partendo dalla città di Milano.
Poco più di un anno dopo è stata la volta dell’App mytaxi, entrata anch’essa nel portafoglio della controllata moovel GmbH, attraverso cui il gruppo di Stoccarda ha puntato a rivoluzionare il sistema della mobilità urbana.
Occorre sottolineare lo “switch”. Se prima infatti l’obiettivo dei brand automotive era quello di immettere sul mercato un numero sempre più alto di esemplari, ora la prospettiva si è ribaltata e guarda all’utilizzo di uno stesso mezzo da parte di più soggetti.
Thilo Kozlowski, lead automotive analyst della società di consulenza statunitense Gartner, d’altronde ha predetto che entro il 2020 il dieci percento di coloro che possiedono un veicolo si convertirà alla c.d “mobilità on demand”.
LE SOLUZIONI “INTELLIGENTI” ALLO STUDIO DI FORD
Uno scenario in cui crede Ford, che già nel gennaio 2015, in occasione del Consumer Electronics Show (CES) di Las Vegas, aveva illustrato i cardini del suo piano legato alla “smart mobility” (la mobilità intelligente resa possibile dalle soluzioni di connettività).
Poco più di un anno più tardi la Casa dell’Ovale Blu annunciava la nascita della controllata “Ford Smart Mobility LLC”, le cui finalità sono volte alla ricerca, allo sviluppo e alla definizione di modelli di business per i servizi di mobilità integrata.
Il tentativo è quello, attraverso un programma di collaborazioni e acquisizioni dirette, di contribuire ad alleggerire il problema del traffico nelle città, invece destinato potenzialmente ad aggravarsi se si considera che nel 2030 la quota di persone che vi abiterà è data in aumento dal 50% al 60%.
Anche General Motors – con Lyft (la principale antagonista di Uber) e la piattaforma di car sharing Maven – e BMW Group – con i suoi DriveNow (presente al momento in Italia nella sola città di Milano) e ReachNow – ambiscono all’etichetta di “mobility solution provider”.
GRAZIE A PSA, “SEMPLICEMENTE LIBERI DI MUOVERSI”
All’interno della panoramica che stiamo tratteggiando uno dei nomi da citare per i 2016 è quello di Free2Move, legato al Gruppo PSA.
“Semplicemente liberi di muoversi”. Ha mosso da questa frase ad effetto l’avventura del marchio che riunisce sotto di sé l’intera offerta di mobilità dell’azienda transalpina, senza differenziazione alcuna tra Citroën, Peugeot e l’ultimo arrivato DS.
In linea verticale le prime gemmazioni di cui si ha avuto notizia riguardano i settori del Car Sharing, del Leasing e dei c.d “Smart Services” (servizi di connettività).
Due costole, specificatamente riservate alla clientela business, consentono la condivisione della flotta (Fleet Sharing), nonché un monitoraggio costante e la gestione dei parametri utili a saggiarne l’efficienza (Fleet Management).
MOIA: “A CHIAMATA” E LADDOVE VE NE SIA BISOGNO
Quanto invece a “Moia Gruppo Volkswagen”, che, come rivela il nome, fa capo al colosso di Wolfsburg, nella prima fase di attività l’attenzione appare rivolta, in egual misura, al trasporto a chiamata (“ride hailing”) e al car pooling “on demand”, entrambi comandati da apposite applicazioni che consentono di incrociare, all’interno di una piattaforma tecnologica, le richieste dei passeggeri e le disponibilità dei conducenti.
Nelle intenzioni del colosso germanico vi è la volontà di trasformare questo modello di business in un elemento capace di incidere, entro il 2025, su una quota significativa del fatturato.
Per raggiungere tale traguardo i servizi di mobilità saranno offerti sia in maniera indipendente sia ricorrendo alla sottoscrizione di accordi commerciali.
LE POSSIBILI RAGIONI DIETRO ALLA CONVERSIONE IN MOBILITY SOLUTION PROVIDER
La domanda si pone d’obbligo. Soluzioni come l’App Free2Move, che aggrega l’offerta studiata da altre aziende o altre simili, come può tradursi in un ritorno economico tale da giustificare l’investimento a monte?
Una possibile chiave di lettura ruota intorno al concetto di “brand awareness”. Il fatto di formulare mentalmente una richiesta ed associarvi immediatamente quel dato nome.
Che si traduce a cascata in un processo di fidelizzazione inconscia, che porta a rivolgersi sempre alla stesso marchio perché se ne conosce la capacità di rispondere appieno alle proprie esigenze.
QUALI RAPPORTI CON LE SOCIETÀ DI NOLEGGIO?
In un momento in cui ogni definizione troppo rigida rischia di saltare, un punto di domanda accompagna il rapporto tra le Case costruttrici e il settore dell’autonoleggio.
Il caso emblematico da cui intendiamo partire è quello di Europcar, azienda di riferimento a livello continentale, ma anche una delle realtà che hanno già percorso più strada, grazie a un’importante politica di acquisizioni e partnership, lungo il cammino verso il nuovo status di “player della mobilità a tutto tondo”.
Assisteremo a un progressivo distacco da parte degli OEM in direzione di soluzioni solamente captive, o si troverà il modo di amalgamare l’uno e l’altro bouquet di servizi in modo da presentare alla clientela una proposta completa ma soprattutto economicamente sostenibile per entrambe le realtà coinvolte? Solo il tempo saprà fornirci una risposta compiuta.
MOBILITÀ CONDIVISA: LE PROSPETTIVE PER IL FUTURO
Egualmente prospettabile sotto mera forma di riflessione, senza la pretesa di fornire una previsione definitiva, è la sopravvivenza sul lungo periodo di un’architettura di sistema che vede tutti i principali attori del settore mobilità scommettere sui macro-trend del futuro, ricordati in apertura di servizio
Oggi il successo registrato dalla formula del car sharing poggia sul fatto che il mix tra quanti hanno abbandonato l’idea del possesso a favore dell’utilizzo di un veicolo e chi invece non ha cambiato le proprie abitudini non appare ancora sbilanciato a favore dei primi.
Per John Zimmer, presidente della gia citata Lyft, nel 2025 non ci sarà più nemmeno un auto di proprietà negli Stati Uniti.
L’affollamento della piazza ipotizzabile si tradurrà in ricchezza o sarà percepito come un elemento di disturbo, destabilizzante? Non ci resta che godere da spettatori seduti in prima fila quel che avverrà.