Cop26, solo sei Case dicono no all’endotermico entro il 2040
Non solo le case automobilistiche, anche Paesi e stakeholders si rifiutano di firmare il documento: troppe falle nel cronoprogramma. L'Italia, insieme a Cina, Usa, Germania, Giappone, è tra questi. C'è anche il problema delle infrastrutture per supportare l'elettrico.
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Alla conferenza sui trasporti della Cop26 di Glasgow solo sei case automobilistiche hanno firmato: Volvo, della Ford, della General Motors, della Mercedes-Benz, della BYD e della Jaguar Land Rover.
Volkswagen, Toyota, Stellantis, BMW, Renault, Nissan, Honda e Hyundai/Kia. Tutte case impegnate nella transizione verso la mobilitò a zero emissioni, avranno certamente sottoscritto la dichiarazione di intenti sullo stop alla produzione di veicoli endotermici entro il 2040. No? Sbagliato.
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MA PERCHÉ TANTO SCETTICISMO?
Pur non opponendosi alla graduale cancellazione delle emissioni di CO2, avrebbero sollevato “specifiche obiezioni”.
Volkswagen vorrebbe che si rispettassero le diverse esigenze di sviluppo di mercati e regioni, sottolineando la mancata adesione della Cina all’accordo sullo stop al ricorso al carbone per la produzione di energia.
Dal canto suo, Toyota ha segnalato i tempi lunghi necessari a mercati come l’Africa e l’America Latina per l’abbandono dell’endotermico, mentre e BMW dubita delle tempistiche per il passaggio all’elettrico.
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MANCANO I GRANDI PLAYER
Secondo quanto si legge nel documento, i produttori si dovrebbero impegnare a “lavorare affinché, entro il 2040, tutte le vendite di nuove auto e furgoni siano a emissioni zero a livello globale, ed entro il 2035 nei principali mercati”.
Tra i firmatari anche 24 Paesi, 39 tra città, Stati e Regioni (in Italia, aderiscono Bologna, Firenze e Roma), 28 proprietari di flotte (tra cui LeasePlan e Uber), società energetiche e industriali (come E.On, Iberdrola, ABB, Siemens e Unilever) e 13 investitori istituzionali.
Tra i Paesi firmatari mancano però alcuni grandi calibri: Cina, Stati Uniti e Germania. Certo, ci sono le firme di Regno Unito, Svezia, Olanda, Norvegia, Canada, Austria, Polonia e Nuova Zelanda, ma l’assenza di alcuni dei Paesi fondamentali nel settore automotive avrebbe spinto i maggiori gruppi a non aderire all’accordo.
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E L’ITALIA?
Abbiamo detto che alcune città italiane hanno aderito, ma solo alcune. Nell’elenco neanche Italia, Giappone, Spagna, Repubblica Ceca, Slovacchia, tra gli altri. Tutti Paesi dove l’industria automotive è molto forte.
E sono numerosi anche i governi che tentennano. Le Case, infatti, non sembrano propense ad intraprendere il costoso percorso tecnologico senza un impegno delle istituzioni a garantire le necessarie infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici.
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