Da dove arriva il gas importato dall’Italia
Da qui a novembre sarà necessario portare lo stoccaggio di gas del nostro Paese dall'attuale 68% oltre il 71%. Ma dove prenderemo tutto questo gas? Le fonti di approvvigionamento principali dell'Italia sono 5, che scendono in realtà a 4 se non si considera la Russia: eccole.
In questo articolo
Dopo le dimissioni (mancate) del 14 luglio, lunedì 18 luglio il presidente del Consiglio Mario Draghi ha riunito una squadra di 6 ministri per volare in Algeria e discutere dell’aumento delle forniture di gas.
Solo pochi mesi fa lo stesso premier Draghi aveva portato alla firma di un “partenariato strategico ed energetico” che ha permesso al Paese nordafricano di sostituire la Russia come principale fornitore dell’Italia. Soprattutto in vista dell’inverno, da qui a novembre, quando sarà necessario portare lo stoccaggio di gas del nostro Paese dall’attuale 68% oltre il 71%.
Ecco cosa sta succedendo alle importazioni di gas italiane.
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DA DOVE ARRIVA IL GAS IMPORTATO DALL’ITALIA
Con la riduzione delle forniture russe, l’Europa tutta teme una crisi del gas. Ovviamente timore che sente anche l’Italia, che prima del conflitto ucraino si appoggiava principalmente proprio alla Russia di Putin per l’importazione. (Il 24 dicembre 2021 Mosca ci riforniva 100 Mmg/giorno, l’Algeria, secondo importatore all’epoca, 68 Mmg/giorno).
CHI CI FORNISCE IL GAS?
Le fonti di approvvigionamento principali dell’Italia sono 5, che scendono in realtà a 4 se non si considera la Russia, che attualmente è la quarta fonte di approvvigionamento per quantità, con circa 1000 Mmg/settimana (un anno fa importava tre volte tanto).
Algeria
L’Algeria, che come detto – soprattutto dopo gli accordi di luendì – ha sostituito la Russia, passando da 16 Gmc/a (nel quinquennio 2015-2019) a 23 Gmc/a. Effettivamente la pipeline Transmed potrebbe aggiungere altri circa 7 Gmc/a, più o meno, ma l’aumento non può essere fatto in pochi mesi (un problema, dato che l’autunno inizierà tra poco meno di due mesi) e Algeri avrebbe piena libertà o quasi di fare il prezzo (è la regola della domanda e dell’offerta).
Poche settimane fa infatti Algeri ha deciso di rinegoziare tutti i contratti in essere con i Paesi europei. In Europa attualmente il mercato del gas a pronti (MPGAS) è valutato 170-180 € al Megawattora, l’Algeria lo vende al nostro Paese intorno ai 40 €/MWh indicizzandolo al petrolio, non al gas.
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Una fornitura in bilico
È chiaro che l’Algeria ha molto potere in questo momento, tanto da poter aprire e chiudere i rubinetti a suo piacere, soprattutto politico. Ad esempio, uno dei due gasdotti spagnoli (che transita per il Marocco) è stato chiuso a novembre scorso. Il motivo non ha niente a che fare con il mercato, ma con una rivendicazione del Sahara occidentale, da tempo sotto l’egida di fatto dell’Algeria, al quale invece la Spagna avrebbe riconosciuto la sovranità marocchina. Per ora questa “bagarre” è a vantaggio dell’Italia, perché è proprio dalle risorse tolte alla Spagna che l’Italia sta guadagnando.
Non pensiamo che sia tutto oro quel che luccica: i flussi di gas algerino che raggiungono l’UE stanno diminuendo, anche per l’Italia. Nella prima metà del 2022 l’Algeria ha bloccato circa il 20% di gas in meno all’Europa.
Azerbaijan
C’è poi il TAP, gasdotto che dalla fine del 2020 trasporta in Italia il gas naturale proveniente dall’Azerbaijan, attraversando Grecia e Albania per approdare in Italia, sulla costa adriatica della provincia di Lecce. È arrivato capacità massima, e oltre, dato che sta trasportando una quantità superiore al suo massimo nominale annuale. Nel caso del TAP è già in corso uno studio di fattibilità per raddoppiarne i flussi, ma per arrivare alla sua attivazione ci vorranno almeno 4 anni.
Libia
Terzo fornitori è la Libia, che per capacità di produzione e prossimità geografica potrebbe concorrere a pieno titolo per sostituire la Russia. Ovviamente se non fosse per l’instabilità politica che oggi permette ai gasdotti di trasportare circa un quarto della capacità massima (2,6 Gmc/a anziché 11).
Per approfndire: Parliamo di indipendenza dal gas russo.
Europa
Ebbene sì, anche la stessa Europa ci rifornisce di gas. Proveniente in particolare da Paesi Bassi e Norvegia per una capacità di circa 6 Gmc/a (in linea con quanto fornito nel periodo 2015-2019). Per ora questa fornitura c’è, ma – è scontato sottolinearlo – più il resto d’Europa avrà bisogno di gas, meno ne arriverà in Italia.
I RIGASSIFICATORI BASTERANNO?
È chiaro che affidandoci a queste fonti, almeno nel breve periodo, non c’è modo di sopperire alla carenza di gas. Il gas liquefatto (GNL) in arrivo via mare è certo la soluzione più rapida per aumentare le fonti alternative. E infatti ad oggi l’Italia si affida per circa il 20% delle importazioni totali al GNL in Italia.
GNL che viene rigassificato e immesso in rete attraverso tre impianti situati a a Rovigo, La Spezia e Livorno, ma che oggi lavorano già a pieno regime (15 Gmc/a).
Snam ha annunciato l’acquisto di una nave FSRU (da 5 Gmc/a) per aumentare la capacità di rigassificazione nazionale, ma che arriverà al porto di Piombino non prima di agosto. Ciò significa che prima della sua installazione, connessione alla rete gas italiana e il rilascio delle autorizzazioni a operare, potremmo dover aspettare la primavera del 2023.
SE LA RUSSIA CHIUDESSE
Se la situazione non si dovesse sbloccare, l’Italia rischia di lasciare scoperto l’11% dei consumi annui nazionali. Anche perché Mosca può ancora ridurre, passando dagli attuali 15 Gmc/anno a 8 Gmc/a. Se poi la chiusura fosse totale, il deficit sarebbe del 22% dei consumi annui italiani (una scarsità doppia rispetto all’ultimo mese).
Un ammanco che costringerebbe a ridurre i consumi industriali per primi (tra le righe possiamo tranquillamente leggere le parole crisi economica) e di conseguenza anche la produzione di energia elettrica e i consumi finali – il riscaldamento per dirne uno – verrebbero tagliati.
Fonte dei dati sulle importazioni: ISPI.
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