Anfia: componentistica automotive al bivio, innovare per non diventare marginali
Anfia e Roland Berger hanno presentato lo studio “Il futuro del settore automotive – Sfide e opportunità per i fornitori italiani verso il 2030”: la filiera della componentistica deve cogliere i trend tecnologici emergenti per affrontare con successo la transizione industriale.
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La filiera italiana dell’automotive è un comparto fondamentale, sia per il nostro Pil sia per la produzione di auto a livello globale, come hanno testimoniato i Costruttori tedeschi durante il lockdown della scorsa primavera. Ora ci troviamo davanti a una transizione tecnologica epocale, che destabilizza la catena di fornitura.
Lo studio “Il futuro del settore automotive – Sfide e opportunità per i fornitori italiani verso il 2030” commissionato da Anfia a Roland Berger si propone di identificare le future opportunità di posizionamento competitivo per i fornitori automotive italiani in rapporto ai trend: elettrificazione, guida autonoma, veicolo connesso e mobilità condivisa. Quanto la componentistica italiana è pronta ad affrontare con successo la rivoluzione in corso?
L’IMPATTO DEL COVID SULLA PRODUZIONE
Marco Stella, Presidente del Gruppo Componenti Anfia, ha illustrato l’impatto della pandemia su produzione, ordinativi e fatturato. Ecco qualche numero relativo al tremendo primo semestre 2020:
- La produzione industriale automotive italiana è scesa quasi del 40% (39,6%), con 238.000 autoveicoli prodotti in meno
- Stock di 450.000 veicoli generato dalla chiusura delle concessionarie
- Sia gli ordinativi che il fatturato della componentistica sono diminuiti di oltre il 30%, con una flessione più forte sul mercato interno che sui mercati esteri.
- Le perdite ammontano a 500.000 unità immatricolate in meno rispetto al primo semestre 2019 (-46%)
L’emorragia si è finalmente bloccata ad agosto, a settembre abbiamo assistito ad un incremento del 10% grazie agli incentivi. Si prevede di chiudere il 2002 a -27%.
L’export della componentistica automotive italiana
L’export della componentistica automotive italiana è un comparto che vanta un saldo positivo della bilancia commerciale da oltre 20 anni. Nel primo semestre ha subito una contrazione del 28%, seppur mantenendo un saldo positivo di 2,4 miliardi di euro. Il terzo trimestre è comunque in netto recupero rispetto al secondo (+142%): sono in recupero ordinativi, fatturati ed export della componentistica. Ciononostante, il calo del fatturato per l’intero sistema produttivo automotive italiano nel 2020 potrebbe superare il 25%. Il calo medio atteso del fatturato delle imprese della componentistica è invece stimato del -20% circa a fine 2020. Una perdita di fatturato che si stima possono servire 3 anni per recuperare.
LO STATO DI SALUTE DELLA COMPONENTISTICA
La filiera italiana conta su importanti realtà industriali, ma ha un problema: è molto legata a moduli di prodotto tradizionali, mentre è indietro su software, sensori ADAS, infotainment, pacco batterie.
Spiega Andrea Marinoni, Senior Partner Roland Berger: “La componentistica tradizionale ha fatto conoscere l’Italia nel mondo. Con l’auto elettrica, da un lato i componenti tradizionali, come i sistemi frenanti, si trasformano, dall’altro se ne aggiungono di nuovi, come la batteria. I veicoli autonomi fanno crescere l’importanza del software a bordo. Al momento le nostre competenze sono ancora troppo legate alla meccanica: su 150mila lavoratori automotive 100mila sono concentrati su chassis e powertrain, quindi saranno soggetti a questo importante cambiamento”.
In questo contesto è vitale investire sul capitale umano che deve essere in grado di “dominare” le nuove tecnologie, lavorando in stretta sinergia con il mondo accademico per disegnare l’evoluzione dell’offerta di servizi formativi con indirizzi di studio (ordini secondario e universitari) coerenti con le esigenze del settore (upskilling).
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Fondamentale sarà il finanziamento governativo e la partecipazione delle imprese italiane ai grandi progetti comuni di interesse europeo (IPCEI Batterie 1 e 2, ma anche IPCEI Idrogeno e IPCEI veicoli puliti, autonomi e connessi), ai prossimi programmi di Horizon Europe e ovviamente al Programma Nazionale Ricerca 2021-2027, che può e deve rappresentare per il settore automotive pilastro centrale di un piano per la crescita della filiera
Attrarre investitori internazionali
Le nostre competenze nella componentistica e nell’ingegneria di processo ci aiutano a industrializzare un prodotto complesso. Quindi, potenzialmente, l’Italia può essere forte nelle produzione di motori elettrici, così come nella guida autonoma e nella produzione delle batterie, non tanto puntando alla chimica ma all’assemblaggio.
L’obiettivo è essere sempre più rilevanti per il Costruttore e costruire un ecosistema attrattivo per un investitore. “I grandi innovatori devono trovarci interessanti, l’effetto ricaduta sarebbe altissimo non solo in termini economici ma di competenze – commenta Marinoni –. Il salto dell’innovazione sta nel contagio fra imprese tradizionali e startup. Su batterie, lidar, veicoli elettrici l’italia è ancora marginale e deve fare un salto”.
https://youtu.be/6W_ciuANJ-g