Così le elezioni rischiano di fermare il Pnrr
Mercoledì Mario Draghi ha riferito alle Camere, ma non è servito. Il governo è dimissionario e intanto ci sono riforme e fondi che l'automotive italiana rischia di perdere aspettando le nuove elezioni di ottobre.
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Sergio Mattarella ha accettato le dimissioni del premier uscente Mario Draghi. Inizia ora il laborioso processo di dimissioni e scioglimento delle Camere per sancire la fine anticipata della legislatura.
Domenica 25 settembre poi si andrà al voto. Data scelta perché l’unica utile in base alle regole che concedono un massimo di 70 giorni dal giorno dello scioglimento, ma anche un minimo di 60 per permettere la presentazione delle liste e la campagna elettorale, ma si rischia di non fare in tempo con il Pnrr, ora vi spieghiamo perché.
ERAVAMO A UN PASSO DAL PNRR
La complessa macchina del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che per l’Italia vale complessivamente 191 miliardi di fondi, è in un momento delicatissimo. Perché, come detto, adesso l’Italia deve entrare nella fase operativa (che, lo sappiamo, non è il nostro forte).
Le opere concrete (tra le altre cose, la Gigafactory di Termoli per la produzione delle batterie auto nel nostro Paese), la cui responsabilità va a Comuni e Regioni, sono già sotto l’occhio attento della Commissione europea.
Meno di un paio di settimane fa il governo aveva annunciato, con una lettera ufficiale alla Commissione, il raggiungimento di tutti gli oltre 40 punti del Pnnr del primo semestre. La risposta di Bruxelles era stata positiva e Palazzo Berlaymont avrebbe dovuto approvare nei prossimi giorni la seconda rata di fondi, circa 24 miliardi di euro. Ma il clima di instabilità porterà probabilmente l’Ue e a posticipare.
Entro fine anno dovranno essere raggiunti 100 obiettivi: 45 nel primo semestre, così da poter richiedere la seconda tranche da 24 miliardi. I restanti 55 nella seconda parte dell’anno. E, se si guarda all’intero anno, cresce il numero degli obiettivi cosiddetti quantitativi, che passano dai 2 del 2021 a 17.
Come dicevamo, il problema potrebbero essere le elezioni. La prossima rata da 21,8 miliardi di euro sarà concessa soltanto se verranno raggiunti altri 55 obiettivi entro il 31 dicembre 2022. Sono possibili deroghe in periodi elettorali, ma al momento le conseguenze più temute sono il mancato trasferimento delle prossime rate e un ritardo che potrebbe compromettere tutto l’impianto e il finanziamento del PNRR.
Tra gli obiettivi da raggiungere entro la fine dell’anno ci sono progetti legati alle infrastrutture digitali, al turismo, al contrasto del lavoro nero e dell’evasione fiscale, ma anche l’assunzione di personale giudiziario e dell’agenzia nazionale per la cybersicurezza, le gare di appalto per costruire nuove linee ferroviarie ad alta velocità.
Campagna elettorale, elezione, tempi per la formazione del nuovo governo e i necessari tempi tecnici per potare a compimento le opere potrebbero quindi allungare troppo i tempi stabiliti, sia per i piani già avviati che per le riforme indispensabili per ricevere i soldi del PNRR.
LE RIFORME ALTREE CHE RISCHIANO DI SALTARE
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BOLLETTE E BENZINA
La sterilizzazione di 30 centesimi delle accise dei carburanti – dalla benzina al gasolio – scade il 21 agosto. E poi? Poi il prezzo tornerà alla normalità, salvo nuove proroghe o aiuti strutturali (già difficile con Draghi). Ci sono poi gli interventi sulle bollette di gas e luce, che hanno bloccato gli oneri di sistema, in scadenza a settembre e che dovrebbero essere rinnovati per l’ultimo trimestre dell’anno.
DDL CONCORRENZA
Il Parlamento aveva già iniziato la discussione riguardo diversi provvedimenti di tipo economico (anche questi fondamentali per il Pnrr). Oltre alla delega fiscale e alla riforma del sistema tributario, in commissione alla Camera il discusso ddl concorrenza che deve ancora sciogliere il nodo dell’articolo 10 sui taxi.
DEBITO PUBBLICO, CUNEO FISCALE E IVA
Tra i punti principali che un governo nella pienezza dei propri poteri (che ovviamente non ci sono più) avrebbe dovuto affrontare c’è la messa a punto della manovra, attesa dopo l’estate, per un decalage del debito pubblico. Non esattamente aderente alla materia automotive, è vero, ma la capacità di spesa degli italiani, soprattutto in un periodo di crisi nera per il mercato dell’auto, è fondamentale.
Il nuovo quadro di previsioni dovrebbe essere stilato a settembre, dopodiché il governo (questo, o il successivo) dovrà valutare gli interventi da mettere in campo, sia sul fronte del cuneo in modo strutturale, sia su quello delle pensioni (scadono Quota 102, oltre che l’Ape Sociale e Opzione Donna).
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In questo contesto, c’è da discutere il sostegno dei redditi, per salvaguardarli dall’erosione dell’inflazione che ha raggiunto l’8%. Tra gli strumenti che il governo avrebbe ipotizzato di varare per la fine di luglio, c’è la riduzione del cuneo fiscale (ossia la differenza tra il lordo e il netto in busta paga) e una riduzione dell’Iva sugli aumenti dei beni di consumo più necessari.
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