Green pass e l’addio allo smart working: come cambia il lavoro del Mobility Manager
Con l'obbligo di Green Pass, a partire dal 15 ottobre, anche sui luoghi di lavoro si segna per milioni di italiani la fine dello smart working. Il ritorno al lavoro in presenza avverrà con gradualità, ma occorre programmare il funzionamento della macchina organizzativa. Compito riservato ai Mobility Manager.
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Addio smart working. Il 15 ottobre è, per dirla con le parole del ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, il “d-day per tutto il mondo del lavoro“. L’obbligo di Green Pass coinvolge il settore sia pubblico che privato, con la logica conseguenza che si dovranno creare nuovi piani di mobilità.
L’organizzazione dei nuovi orari di ingresso e di uscita dovranno anche, preferibilmente, essere flessibili e sostenibili (per esempio prevedendo di sfruttare la micromobilità). In concerto con il ministro della Salute Roberto Speranza, Brunetta ha quindi preparato le linee guida operative per il rientro negli uffici per i lavoratori delle Pa muniti di Green pass. Ecco cosa succederà.
SCATTA IL 15 OTTOBRE L’OBBLIGO DI GREEN PASS
Prima di scoprire cosa significa l’obbligo di certificazione verde per i Mobility Manager, facciamo un passo indietro e capiamo cosa accadrà il 15 ottobre.
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Senza deroghe, ma non senza polemiche, da venerdì si potrà lavorare solo se in possesso di Green Pass che attesti l’avvenuta vaccinazione, un tampone con esito negativo o la guarigione da Covid-19 nei sei mesi precedenti.
Il controllo sulle certificazioni dei lavoratori sarà a carico del datore di lavoro, che sarà però sollevato da responsabilità in caso di controlli da parte dell’autorità giudiziaria.
Nelle Faq pubblicate da Palazzo Chigi si legge infatti che l’azienda non incorre in sanzioni se un dipendente dovesse essere privo di Green Pass, “a condizione che i controlli siano stati effettuati nel rispetto di adeguati modelli organizzativi come previsto dal decreto legge 127 del 2021“.
Il decreto del ministro Brunetta prevede l’obbligo, senza possibilità di deroga, anche a tutti i lavoratori della Pubblica amministrazione. In particolare, per la Pa, è previsto che “Oltre al personale dipendente, qualunque altro soggetto che intenda entrare in un ufficio pubblico, tranne gli utenti, dovrà essere munito di Green Pass“.
L’aspetto forse più discusso è stato quello sulle conseguenze in mancanza di certificazione. L’assenza verrà infatti considerata ingiustificata e anche la retribuzione sospesa. I giorni non lavorati inoltre non concorrono al calcolo delle ferie né dell’anzianità.
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LA FINE DELLO SMART WORKING
Le linee guida ministeriali sono chiare sulla riduzione del lavoro agile. Questo significa che il 15 ottobre segna il ritorno in presenza di oltre 3 milioni di dipendenti della Pa.
Non tutti e non subito: fino al 31 dicembre, infatti, è prevista la possibilità di mantenere una percentuale di lavoro da remoto, ma solo per alcuni giorni e su turni. Per evitare affollamenti, poi, ogni amministrazione dovrà decidere orari di ingresso e di uscita.
IL LAVORO DA REMOTO NON ESCLUDE L’OBBLIGO
Oltre a ribadire l’obbligo di isolamento e di comunicazione all’azienda in caso di contagio, il governo fa anche una precisazione importante.
Palazzo Chigi sottolinea che non sarà consentito favorire lo smart working a coloro che non siano in possesso di certificazione. Questo per evitare che il lavoro da remoto diventi una scappatoia per i no-pass o i no-vax.
IL RUOLO (NON SEMPLICE) DEI MOBILITY MANAGER
Il ritorno al lavoro in presenza avverrà con gradualità, ma occorre programmare il funzionamento della macchina organizzativa.
Per le Pubbliche amministrazioni, fatto obbligo di un Mobility Manager, questi dovrà elaborare i piani di spostamento casa-lavoro dei lavoratori in base agli orari di ingresso e uscita.
I Mobility Manager dovranno quindi collaborare con le aziende di trasporto pubblico per pianificare i viaggi. Le Regioni dovranno poi prevedere nuove fasce orarie per i mezzi.
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IL MOBILITY MANAGER NELLE AZIENDE PRIVATE
Già a maggio il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani e il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile Enrico Giovannini avevano approvato il Decreto attuativo che prevede la nomina del Mobility Manager aziendale e la redazione del Piano spostamenti casa-lavoro dei dipendenti.
Nello specifico, le imprese con singole unità locali di oltre 100 dipendenti ubicate in un Capoluogo di Regione o di Provincia, in un Comune di una Città Metropolitana o comunque in un Comune sopra i 50 mila abitanti sono tenute ad adottare la figura del Mobility Manager e a redarre, entro il 31 dicembre di ogni anno, il Piano spostamenti casa-lavoro (Pscl).
L’idea era quella di promuovere lo sviluppo di un sistema di spostamenti casa-lavoro sostenibili, ma ora dovranno, in autonomia, elaborare i piani di rientro in sede di molti lavoratori.
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