L’impatto della guerra per l’automotive in Europa sarà limitato
L'analisi dei due possibili scenari in caso di ritirata o conquista della Russia: in entrambi l'impatto sull'Europa sarà limitato. A fare previsioni su ciò che accadrà è Autovista.
In questo articolo
È ancora difficile fare previsioni sull’impatto che il conflitto avrà sul mondo automotive. Di certo, l’inizio della guerra ha avuto ripercussioni sulle Borse mondiali e sui prezzi delle materie prime. Lo scoppio delle ostilità ha portato a un’impennata del prezzo del petrolio, ma non solo.
Come abbiamo già riportato nei giorni scorsi, molte Case hanno impianti tra Russia e Ucraina. E le conseguenze della guerra vanno ben oltre i confini delle due Nazioni. In Giappone, ad esempio, Toyota dovuto interrompere remporaneamente la produzione a causa di un attacco informatico che molti considerano collegato alla decisione del governo giapponese di unirsi a Ue e Usa nel sanzionare la Russia.
POSSIBILI SCENARI EUROPEI
Gli unici dati certi al momento sono le sanzioni economiche, a partire dai quali gli specialisti di Autovista hanno elaborato due possibili scenari.
Le sanzioni che vietano alle aziende di commerciare con o in Russia infatti danneggeranno economicamente il Paese, ma anche in una certa misure chi li impone e le aziende che dovranno rispettarle.
Se la Russia si ritirasse
Se i colloqui di pace dovessero avere esito positivo e la Russia si ritirasse l’impatto sui mercati europei dell’automotive potrebbe essere molto limitato. Supponendo però che le sanzioni alla Russia rimangano, il volume di export destinato al Paese potrebbe essere reindirizzato al resto d’Europa, alleviando in qualche modo la carenza di prodotto nuovo in corso.
Se la Russia occupasse
Mettiamo invece che Mosca riuscisse ad occupare l’Ucraina. Le conseguenze economiche sarebbero più gravi, perché le sanzioni diventerebbero più dure e più durature.
L’impatto su Mosca sarebbe rilevante, mentre gli Stati Uniti, non dipendono dal gas russo, ne uscirebbero indenni. Qualche ripercussione invece per il Vecchio Continente, che dovrà riorientare il proprio fabbisogno energetico lontano dalla Russia.
La continua carenza di forniture avrebbe un impatto sulla produzione, ma lo svantaggio maggiore potrebbe essere per il mercato dell’usato. Il calo della domanda dall’Europa orientale. Ciò sarà sovracompensato dall’inflazione e dalla pressione sui tassi di cambio, che faranno sì che i valori residui rimangano stabili, o addirittura aumentino.
Aggiunge Autovista che la resilienza acquisita dalle catene di approvvigionamento durante e a causa delle interruzioni di Covid-19 potrebbe rivelarsi preziosa nel prossimo futuro, per quanto lunga o grave possa rivelarsi la crisi ucraina.
A PERIRE POTREBBE ESSERE IL MERCATO INTERNO
Gli esperti prevedono che le sanzioni avranno un grave impatto sull’industria automobilistica russa, sia in termini di vendite che di produzione.
Nel 2021 sono state vendute sul mercato russo 1,67 milioni di veicoli, tra auto e veicoli commerciali leggeri nuovi, in lieve aumento rispetto al 2020. Ma ancora ben al di sotto del picco del 2015, già in parte conseguenza delle sanzioni successive all’annessione della Crimea alla Russia nel 2014.
I marchi più venduti in Russia lo scorso anno sono stati Hyundai-Kia, con 380.000 unità importate, e AvtoVAZ-Lada (la controllata di Renault che sviluppa sinergie con Dacia) con 351.000 unità prodotte localmente.
34 stabilimenti produttivi
La Russia ospita 34 stabilimenti di produzione automobilistica, molti dei quali sfornano veicoli e componenti di marca straniera.
Volkswagen produce la Tiguan, la Polo e la Skoda Rapid, e assembla l’Audi Q7 e Q8 in uno stabilimento a Kaluga, vicino a Mosca. Nel 2021 ha prodotto 118.000 veicoli e 150.000 motori. Dal 2007, VW ha investito oltre 1 miliardo di euro a Kaluga e un importo simile in un altro stabilimento a Nizhny Novgorod, gestito congiuntamente con l’OEM locale Gaz.
Lo stabilimento a Kaluga di Stellantis ha una capacità 125.000 veicoli all’anno, qui il Gruppo produce veicoli commerciali leggeri come Peugeot Expert, Opel Vivaro e Citroën Jumpy.
Mercedes-Benz ha investito 250 milioni di euro nel 2019 in uno stabilimento in cui prevede di produrre la Classe E e i veicoli della sua vasta gamma di SUV. La BMW assembla motori a Kaliningrad dal 1999 con l’OEM locale Avtotor.
Ford aveva costruito uno stabilimento vicino a San Pietroburgo nel 2001, ma nel 2019 ha scelto di disimpegnarsi dalla Russia, non mantenendo più nemmeno una rete di distribuzione ufficiale per le sue auto.
Lo stop ai lavori
Diversi stabilimenti hanno già sospeso la produzione a causa di problemi di filiera legati alle sanzioni. I produttori stranieri si disimpegneranno sicuramente secondo le condizioni sanzionatorie.
È probabile che sia la produzione che la vendita di veicoli in Russia crollino in picchiata, ma questo non dovrebbe avere un forte impatto sui mercati europei. Mosca infatti, con un’esportazione limitata di veicoli nuovi e un’importazione limitata di quelli usati, era già relativamente indipendente dal resto del continente.
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