La Grande Corsa alla Transizione Energetica

Il discusso fit for 55 riguarda in primis le flotte aziendali, che da una parte hanno più risorse dei privati e dall’altra sono svantaggiate dalle lunghe percorrenze. E-fuel e batterie più efficienti potrebbero risolvere il problema
In questo articolo
Da sempre, in Italia soprattutto, le flotte aziendali contribuiscono in prima linea allo svecchiamento del parco auto nazionale. E in un contesto tutto anomalo nell’Europa occidentale, che vede nell’Italia l’unico grande Paese dove gli stipendi non solo non sono cresciuti, ma sono addirittura calati di fronte invece all’aumento esponenziale del costo della vita – e dell’auto! – si capisce come le flotte abbiano un ruolo ancora più importante nella transizione energetica.
E in effetti molte aziende lo hanno già capito, soprattutto quelle più grandi, strutturate, possibilmente multinazionali: anche osservando i risultati ottenuti dalla nostra survey annuale, sono proprio questi giganti industriali i primi ad essersi mossi per rinnovare il parco e appoggiare ibrido ed elettrico, non senza conseguenze.
E non senza essere osteggiati da uno Stato che alle flotte pensa meno di quanto dovrebbe. In primis per avviare il ricambio del parco auto nostrano che, ormai, è il secondo più vecchio d’Europa, con oltre 12 anni di media di anzianità.
E che su oltre 39 milioni di auto in circolazione, circa 10 milioni sono ante Euro 4.
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IL FIT FOR 55 APPLICATO ALLE AZIENDE
Ciò che preoccupa maggiormente i driver, più che i fleet manager, e che quindi impedisce alle aziende di orientarsi definitivamente all’elettrico, sono proprio le autonomie dei veicoli elettrici e i tempi di ricarica certo più lunghi rispetto a un pieno di benzina o diesel.
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Inoltre, non si nasconde anche un certo timore di orientarsi su qualcosa che potrebbe addirittura aumentare i costi, come successo nel caso delle vetture ibride plug-in, oggi nel mirino proprio di Bruxelles a causa di consumi ed emissioni reali molto più alti del dichiarato.
Nel caso delle auto aziendali si parla di un gap 5 volte più alto. Lo ha rilevato l’Istituto Fraunhover in un lavoro congiunto con l’International Council on Clean Transportation (ICCT): i due enti hanno analizzato dati di 9 milioni di vetture Phev di tutta Europa forniti volontariamente e anonimamente dagli utenti su diverse piattaforme online, e molti provenienti dalle banche dati dei fleet manager.
Sulle elettriche questo problema certo non sussiste: non hanno nessuna controparte a benzina o diesel, per cui le emissioni di CO2 allo scarico sono nulle. E per quanto riguarda le emissioni generali, almeno sulla carta l’Europa è impegnata a realizzare energia elettrica da fonti rinnovabili. Anche se al momento non si può certo dire che il proposito abbia avuto successo.
C’È TEMPO
Comunque, inutile dire che c’è ancora parecchio tempo per poter elettrificare completamente l’azienda, e quindi per educare i dipendenti alla guida delle auto elettriche, dotare la sede aziendale di infrastrutture di ricarica e anche per aspettare veicoli elettrici con autonomie migliori e batterie più efficienti.
Basta considerare gli ultimi tre anni per capire la velocità di evoluzione tecnologica: in questo lasso di tempo l’autonomia media è passata da circa 250-300 chilometri a oltre 400. E comunque, ciò che vale per i privati vale anche per le aziende.
Ovvero, il piano si propone di vietare, dal 2035, la vendita di auto a motore termico nuove. La circolazione sarà ancora consentita, così come l’acquisto dell’usato, o il loro noleggio se il trend si manterrà. Inoltre, fino al 31 dicembre 2034 sarà possibile introdurre in flotta auto nuove endotermiche, sempre che le Case costruttrici continuino a produrle. Almeno per il mercato continentale.
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La domanda è: visto il continuo e inevitabile aumento dei prezzi di benzina e diesel, la probabile introduzione di nuove tasse sui veicoli inquinanti, e l’aumento dei costi di auto che si faranno sempre più rare, quanto sarà conveniente per un’azienda avere ancora un’auto endotermica in flotta?
IL VOTO EUROPEO
Intanto durante il recente vertice dei ministri europei dell’Energia è stato ratificato a maggioranza il regolamento sullo stop ai motori termici (alimentati a benzina e gasolio) nel 2035. L’Italia, insieme a Bulgaria e Romania, si è astenuta dal voto (che tecnicamente, quindi, vale come voto contrario), mentre l’unico Stato apertamente contrario è stata la Polonia.
Proprio l’Italia aveva stabilito un’asse (termine che, ahinoi, ricorda tempi bui per il Vecchio Continente) con la Germania per inserire nell’accordo anche l’utilizzo sugli e-fuel e sui biocarburanti. Ma se la “mozione” tedesca è passato, quella italiana – almeno per il momento – no. Ecco quindi che la Germania, come un 8 settembre al contrario, ha votato sì all’accordo.
LA DEROGA PER GLI E-FUEL
Tagliati fuori dal regolamento per lo stop ai motori a diesel e benzina sono quindi rimasti fuori i biocarburanti, di cui l’Italia ha il primato tecnologico. La “deroga” pattuita tra Germania e Unione infatti prevede che siano consentiti solo i carburanti sintetici per mantenere in vita i motori endotermici.
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Consiglio e Parlamento europeo hanno anche raggiunto un’intesa (che dovrà essere approvata prossimamente dagli ambasciatori dei 27, dal Consiglio, dalla Commissione trasporti e della plenaria dell’Europarlamento) sui piani per la realizzazione di stazioni di ricarica elettriche e a idrogeno per auto e mezzi pesanti sulle principali reti stradali dei Paesi dell’Unione.
Le stazioni di ricarica per le auto elettriche dovranno essere installate ogni 60 chilometri entro il 2026 sugli assi stradali indicati nelle reti prioritarie dei trasporti europee (Ten-T). Lo step successivo è fissato per il 2028, quando saranno installate le stazioni di ricarica per mezzi pesanti e pullman ogni 120 chilometri.
Gli impianti di distribuzione dell’idrogeno invece dovranno essere installati ogni 200 chilometri entro il 2031. I singoli Paesi devono ora presentare piani nazionali, che potranno prevedere deroghe per i territori più svantaggiati, le isole e le strade con poco traffico.
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MA COSA SONO GLI E-FUEL
Gli e-fuel, o Electrofuel, o carburanti sintetici (che non vanno confusi con i biocarburanti nati da rifiuti, come gli olii esausti, dove, come detto, noi italiani primeggiamo in Europa) sono “decarbonizzati” perché la loro combustione non comporta un aumento della CO2 in atmosfera, in quanto emetterebbero la stessa quantità rimossa per la loro produzione, dando vita a un processo circolare.
Possono essere sia liquidi che gassosi, hanno origine sintetica che parte dall’estrazione di idrogeno. Tutti, dalla e-benzina fino all’ekerosene per gli aerei, sfruttano l’elettrolisi, processo chimico in cui l’acqua viene scomposta dagli altri elementi costitutivi sfruttando energia elettrica rinnovabile e, in un secondo processo, l’idrogeno si combina con la CO2 dell’aria per dare vita a un vettore di energia liquida, appunto l’e-fuel.
Dato che l’energia elettrica impiegata proviene da eolico, solare o geotermico, la produzione di questo carburante ha basse emissioni di gas serra, minori sia all’estrazione e alla raffinazione del petrolio, sia alla produzione delle batterie, sia anche allo stoccaggio dell’idrogeno.
Altro vantaggio; questi carburanti sono compatibili con i tradizionali motori endotermici, e per questo non richiedono la modifica degli impianti o delle infrastrutture di distribuzione. Al pari dell’idrogeno (che abbiamo anche guidato), al momento sono i costi di produzione il vero ostacolo alla diffusione di questi carburanti, perché i processi citati sono ancora complessi e dispendiosi.
Il prezzo al litro di un e-fuel è di ben 10 euro, ma si stima che lo sviluppo e la diffusione soprattutto nell’aviazione possa farlo scendere a 2, parificandolo con la benzina attuale. La EFuel Alliance, stakeholder dedicata alla produzione industriale di carburanti sintetici, ha però previsto che la realizzazione degli e-fuel in massa possa cominciare nel 2025, anno in cui si stima che i prezzi scendano anche tra 1,61 e 1,99 euro, mentre entro il 2050, quando si punta a sostituire interamente i carburanti tradizionali, potrebbero scendere tra 0,70 e 1,33 euro al litro
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