I nuovi lockdown in Cina fanno tremare l’economia
Gli impianti di Toyota e Volkswagen fermi, restrizioni in molte città, spedizioni bloccate. Qualcuno già pensa ad una nuova crisi della supply chain (con quella vecchia ancora sul groppone). Cosa succederà nelle prossime settimane?
In questo articolo
Pechino è sotto l’occhio attento della sanità, perché i primi atleti e i team che parteciperanno alle Olimpiadi sono già atterrati. Loro potranno vivere in una bolla per tutto il periodo delle competizioni, il resto della Cina no. E infatti sono già scattati diversi lockdown in tutto il Paese, con grande preoccupazione delle economie mondiali.
Le restrizioni hanno già costretto diverse aziende a rallentare, quando non a fermare del tutto, la produzione, ma le cose potrebbero peggiorare.
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LA STRATEGIA ZERO-COVID
Pechino ha imbastito un piano non banale: poche decine di casi di positività a coronavirus, ed intere città vengono mezze in lockdown. La decisione del governo cinese però sta già iniziando a pesare su una crisi, quella dei commerci globali, che nel 2021 era stata una vera catastrofe.
TOYOTA E VK COSTRETTE A CHIUDERE
La scorsa settimana è stata la volta di Toyota e Volkswagen, che hanno dovuto fare i conti con l’interruzione della produzione.
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Gli impianti di Tianjin, 100 chilometri dalla capitale Pechino, che sono stati bloccati. La grande città, dal cui porto passa circa l’1,7 % delle esportazioni cinesi, in realtà non era ancora entrata in lockdown, ma ai cittadini era stato imposto un test di massa. Si parla di circa 15 milioni di abitanti (vale a dire Lombardia e Piemonte messi assieme).
Volkswagen poi ha subito un altro colpo a Ningbo, nella provincia dello Zhejiang, dove sempre a causa di un focolaio la produzione ha dovuto fermarsi.
COSA SUCCEDERÀ ALLA SUPPLY CHAIN
Eccola lì, la supply chain, o “catena dell’approvvigionamento” che dir si voglia, di cui tanto si parla, messa a nudo. Già piegata dallo chip shortage, oggi è ancora più a rischio.
Sono infatti moltissime le industrie, non solo quella dell’automotive, che vorrebbe “riportarsi a casa” la catena del valore dopo i disastri riscontrati l’anno scorso. Ma per ora le fabbriche delle aziende internazionali restano in Cina e i lockdown stanno già aggravato i ritardi delle spedizioni marittime su cui si basa buona parte del commercio globale.
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E L’EXPORT?
Il sistema delle esportazioni, è evidente, è sotto scacco. Gli impianti stanno accumulando ritardi nelle spedizioni, e si avvicina anche il 1 febbraio, giorno del Capodanno cinese che viene generalmente festeggiato con una settimana di chiusura in molte fabbriche.
Covid ha avuto un ruolo fondamentale nel portare alla luce la dipendenza sempre più forte dei Paesi Occidentali dalla Cina. Omicron potrebbe mostrare tutte le storture del sistema: una interruzione della supply chain di questa portata potrebbe davvero rompere la catena.
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