Mancano 9 mld al Dl Aiuti bis: servono per incentivi, iva e fringe benfit

Nel Decreto Aiuti bis varato dall’esecutivo di Mario Draghi erano previsti 10 miliardi – incassati grazie alla tassa sugli extra profitti alle aziende energetiche – utili a finanziare anche incentivi per l’acquisto di auto, taglio di iva e accise sui carburanti, sostegno alle famiglie per il caro energia e il fringe benefit aumentato. Usiamo il condizionale perché a tutti gli effetti questi soldi non sono arrivati; o meglio, ne è arrivato solo 1. Ecco cosa sta succedendo.

9 MILIARDI MANCANTI DALLA TASSA SUGLI EXTRA PROFITTI

Come se non fosse già preoccupante che le manovre a sostegno di famiglie e imprese per arginare gli aumenti del gas in arrivo non sono sufficienti (e il governo si trova nella situazione di doverne proporre di nuove), i fondi utili ai decreti già approvati mancano.

Per la precisione mancano 10,5 miliardi di euro che il governo era pronto ad incassare nell’ambito del Decreto Aiuti bis attraverso una tassa una tantum sugli utili extra delle aziende del settore energetico.

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COME FUNZIONA L’EXTRA TASSA

. Il contributo straordinario si calcola sull’incremento degli incassi tra il primo ottobre 2021 e il 30 settembre 2022. Se l’aumento è superiore al 10% del totale o maggiore di 5 milioni di euro bisogna pagare il 25% del contributo all’erario. In due parti, l’acconto a giugno e il resto a fine novembre. Ma qui sorge il primo problema.

Il Mef aveva stimato che la tassa riguardava una platea di circa 10 mila aziende. La metà degli introiti, 5 miliardi, sarebbe arrivata dalle aziende medie e piccole. Il resto dai colossi come Eni ed Enel. Ma di miliardi in cassa alla fine ne è arrivato soltanto uno.

IL PROBLEMA DI INCOSTITUZIONALITÀ

Il pagamento era previsto in due rate, la prima corrispondente al 40% entro il 30 giugno, la seconda entro il 30 novembre del restante 60%. La maggior parte delle aziende ha però deciso di non pagare, proponendo anche un ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio per incostituzionalità della manovra. L’udienza è fissata al 21 settembre.

Nel frattempo però il governo non sa dove trovare i fondi per l’intervento, mentre già si parla di un nuovo decreto o un emendamento al Dl Aiuti Bis (in Aula al Senato per la conversione in legge il 6 settembre).

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QUALI AZIENDE HANNO FATTO RICORSO

Le imprese hanno fondato il ricorso per incostituzionalità sulla “messa al bando” della Robin Tax, dichiarata incostituzionale però solo per i prelievi futuri (l’attuale tassa sugli extra profitti invece è retroattiva, calcolata sulla differenza tra i guadagni delle aziende che vanno nel periodo dal 1 ottobre 2021 al 30 aprile 2022 in rapporto allo stesso periodo dell’anno precedente).

Secondo Repubblica tra i ricorrenti ci sarebbero: Kuwait Petroleum (Q8), Ip, ExxonMobil (tramite le controllate Esso e Engycalor), la municipalizzata di Roma Acea Energia Spa e Engie Italia Sp. Ip, come altri, hanno comunque pagato l’acconto. Mancano invece le aziende di Stato, Eni ed Enel.

A COSA SERVE LA TASSA SUGLI EXTRA PROFITTI

Ora che sappiamo da dove arriva, quanto varrebbe (e quanto è effettivamente entrato nelle casse dello Stato), capiamo a cosa servirebbero i restati 9 miliardi mancanti:

• sconto benzina e diesel fino al 20 settembre (ovvero il taglio delle accise);
• nuovi incentivi per l’auto, messi a disposizione per l’acquisto dal 2 agosto 2022;
• raddoppio del tetto di esenzione dei fringe benefit aziendali da 258 a 516 euro;
• azzeramento degli oneri per luce e gas e il taglio dell’Iva sul secondo;
• crediti d’imposta a favore delle imprese per alleggerire la bolletta energetica;
• fondo per le famiglie dedicato ai servizi di trasporto pubblico.