Ha senso abbassare i limiti di velocità a 30km/h in città?
Sulla spinta dell'Ue, si torna a parlare anche in Italia di ridurre i limiti di velocità in città. Ma un limite di 30 km/h ha senso?
In questo articolo
Per il settore automotive, si sa, è tempo di cambiamenti, ma ora a traballare è uno dei dogmi che da sempre l’ha caratterizzato: la velocità. Un tempo cardine del piacere di guidare, ora viene messa anch’essa al vaglio dei tempi. E c’è chi spinge per rompere un ulteriore tabù e declassarla a male da combattere.
Da mesi, forse anni, in molti spingono per abbassare i limiti di velocità, soprattutto in città. Una mossa tanto piccola (si parla di ridurli di 10km/h) ma talmente rivoluzionaria da coinvolgere molte parti in causa e creare due folti schieramenti opposti.
Per la Settimana mondiale della sicurezza stradale, giunta al suo sesto anno di vita e tenutasi dal 17 al 22 maggio, Unasca ha risposto all’appello delle Nazioni Unite e rilanciato la proposta in Italia.
LE CITTÀ A 30 KM/H
L’idea non è nuova ma ciclicamente viene rilanciata, anche sulla scorta di quanto viene fatto negli altri Paesi, di gran lunga più avanti rispetto al nostro. Abbassare il limite di velocità massimo a 30 km/h nelle strade dove le persone vivono, creare strade sane, verdi e vivibili, a bassa velocità e farle diventare il cuore delle comunità, salvando allo stesso tempo vite umane.
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La riduzione della velocità significa creare traffico misto, con pedoni, biciclette e monopattini; contenimento dei rischi per gli utenti della strada, meno emissioni inquinanti e minor consumo di carburante.
Le emissioni
Già solo passare dai 120 consentiti ora ai 110 chilometri all’ora in autostrada, potrebbe consentire un risparmio di carburante tra il 12 e il 18%, e una immediata riduzione delle emissioni di CO2.
Un recente sondaggio svela che, per i due terzi dei cittadini europei, ridurre i limiti di velocità sarebbe una buona mossa in cambio di una effettiva riduzione delle emissioni.
Nel settore trasporti le emissioni di gas serra sono aumentate più del 25% nei 32 paesi membri dello Spazio Economico Europeo tra il 1990 e il 2010. E rappresentano il 19,5% delle emissioni totali. La CO2 è la componente principale delle emissioni di gas serra dei trasporti e il trasporto su strada è, a sua volta, il maggior responsabile di queste emissioni.
Diminuire la velocità riduce significativamente anche le emissioni di ossidi di azoto e delle loro miscele (NOx) nonché il particolato (PM) dei veicoli diesel, prodotto dal rotolamento dei pneumatici con l’aumentare della velocità.
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Consumi ed emissioni non sono proporzionali alla velocità, bensì al quadrato della velocità. Per questo motivo, anche modeste riduzioni della velocità hanno un effetto tangibile.
La velocità
Si è portati a pensare che una diminuzione a 30 km/h del limite di velocità porti a un aumento consistente dei tempi di viaggio. In realtà, secondo uno studio a Madrid si è misurata una velocità media di 16,1 km/h nelle zone 30 e di 16,2 km/h nelle zone 50. E i numeri non cambiano in autostrada.
Qui su un percorso di 200 chilometri, ridurre la velocità da 120 a 110 km/h protrae il viaggio di soli circa nove minuti, portando però benefici ambientali enormi rispetto al risparmio di tempo.
Inoltre, senza contare i vantaggi in termini di sicurezza, garantita da una guida più lenta, diminuire la velocità riduce le congestioni e le deviazioni del traffico causate dagli incidenti, aumenta la durata e l’affidabilità dei veicoli, preserva la sanità mentale di chi guida.
Chi la chiede
Questa modifica intende migliorare la sicurezza viaria e dei pedoni, riducendo il tasso di incidentalità, ma anche il rumore in ambito urbano. E, sul medio-lungo periodo, l’obiettivo è rendere sempre meno attraente l’uso dell’auto in città.
La richiesta arriva direttamente dalle Nazione Unite ma gli appelli a fare della questione una priorità a livello europeo sono numerosi, con in prima linea associazioni come la FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta). Anche la ECF (European Cyclist Federation) spinge per imporre il limite di 30 km/h come velocità standard nelle aree urbane e non solo in poche vie.
In Europa dunque si parla da tempo di ridurre la velocità degli autoveicoli e dell’istituzione di “zone 30” nei centri abitati; in Francia addirittura ce ne sono alcune già da 30 anni. Anche in Italia ormai il tema è diventato di dibattito allo scopo di aumentare la sicurezza stradale nelle aree abitate. Le Zone 30 da noi sono realizzabili in qualsiasi città, purché nelle strade adiacenti il limite di velocità sia di 50 chilometri orari. Ma sono decisioni su base comunale.
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LA CITTÀ A 30 KM/H È DAVVERO PIÙ SICURA?
Studi internazionali hanno dimostrato come con una velocità sotto i 30 km/h si riduca fortemente il rischio di morte per i pedoni in caso di impatto, in confronto a una velocità di 50 km/h.
Anche per questo la riforma del codice ha registrato un’ampia e favorevole accoglienza. Nelle zone a traffico limitato già attive d’altronde gli incidenti sono calati del 40%.
Le statistiche sulla mortalità
E quando questi capitano, il rischio di morire si riduce dell’80%. Se la velocità del veicolo che impatta è di 30 chilometri orari, il rischio è del 10%, mentre se la velocità è di 50 chilometri orari, il rischio di morte sale al 90% secondo i dati spagnoli.
Secondo un altro vasto studio poi, all’aumento della velocità media di 1 km all’ora, segue in genere un rischio di incidente con lesioni superiore del 3% e con esito mortale del 4-5%. In caso di incidente stradale a 80 all’ora il rischio morte per gli occupanti di un veicolo è 20 volte superiore rispetto a coloro che dovessero trovarsi a bordo di un mezzo che vada a impattare contro un ostacolo a 30 km all’ora.
Andare piano per fermarsi prima
Con l’aumentare della velocità ovviamente aumenta lo spazio di arresto. In condizioni di asfalto asciutto e con pneumatici in ordine, un’autovettura di media dimensione, se viaggia a 50 km all’ora, impiega 27,5 metri per fermarsi completamente. A 30 km all’ora, invece, lo spazio si riduce a 13,5 metri. Dunque molto più tempo per evitare l’ostacolo e, se proprio non si riesce ad evitarlo, per avere un impatto certamente meno veloce e pericoloso.
Un’ulteriore analisi, compiuta questa volta sugli incidenti mortali di ciclisti a Londra di qualche anno fa, ha svelato come praticamente tutti gli incidenti mortali si erano verificati su strade con un limite di velocità di 48 km/h (30 miglia all’ora) o maggiore. Se è investito a 40 miglia all’ora (64,4 km/h), il 90 per cento dei pedoni viene ucciso. Se è investito a 20 miglia all’ora, (32 km/h), il 3 per cento dei pedoni viene ucciso.
Secondo il British Medical Journal l’introduzione di zone a 20 miglie all’ora (32 km/h) su un periodo di vent’anni (1986 – 2006) ha migliorato in modo significativo la sicurezza stradale per tutti e in particolare, per i bambini, coinvolti in sempre meno incidenti.
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CI SONO DEI CONTRO?
Non mancano però dei contro: alcune associazioni hanno lanciato l’allarme per gli ingorghi che si verranno a creare, mentre altre hanno sollevato il tema dei cambiamenti urgenti da apportare alla segnaletica stradale.
Si tratta comunque di numeri ancora approssimativi. I nuovi limiti infatti potrebbero ridurre l’inquinamento acustico, ma non ci sono ancora ricerche in grado di fornire risposte chiare sugli effetti su consumi ed emissioni di disposizioni così vaste. L’obbligo di tenere marce basse rischia comunque di far aumentare l’inquinamento, nonché creare problemi ad alcuni organi meccanici.
Inoltre, a determinate velocità non è detto che alcuni dispositivi di trattamento delle emissioni, come il filtro anti-particolato, funzionino correttamente e pertanto non è da escludere un possibile e paradossale aumento dello smog.
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