Stop alle auto benzina e diesel 2035, l’industria dell’auto critica verso l’Europa
Costi sociali da sostenere per le imprese della componentistica auto, incertezza sul fronte materie prime. Sono due dei punti più caldi della critica mossa da Anfia e Acea alla posizione europea sul 2035 e il Fit for 55 applicato al mondo automotive
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Solo auto elettriche dal 2035, in Europa. Così è stato deciso, il voto del Parlamento europeo sulla proposta del piano Fit for 55 che maggiormente impatta sul settore auto ha dato il via libera alla proposta della Commissione.
Un mercato del nuovo che dovrà essere a zero emissioni di Co2, scenario oggi carico di incertezze quello che guarda all’elettrico a batteria – come anche, per ragioni parzialmente diverse, all’elettrico mediante fuel cell.
AUTO TERMICHE AL BANDO E I FATTORI ESTERNI
Non sono mancate le reazioni dell’industria dell’auto al voto maturato in Parlamento. Tocca le corde dell’impossibilità di delineare il futuro, su un orizzonte così distante, l’Acea. Lo fa chiamando in causa temi di strettissima attualità, che sono quelli della disponibilità delle materie prime, dei costi delle stesse in virtù di scenari geopolitici in evoluzione.
“Considerato come la trasformazione del settore dipenda da molti fattori esterni, non tutti completamente nelle proprie mani, l’Acea è preoccupata che il parlamento abbia votato per scolpire nella pietra uno obiettivo al 2035 di -100% delle emissioni di Co2″, segnala in una nota.
L’INCERTEZZA SULLE MATERIE PRIME E IL FUTURO
Posizione dell’associazione che rappresenta i costruttori europei d’auto, ulteriormente approfondita dal presidente Oliver Zipse. “Considerata la volatilità e l’incertezza che stiamo vivendo globalmente e giorno dopo giorno, qualsiasi regolamentazione di lungo periodo che si spinga oltre questo decennio è prematura in questa fase iniziale.
Piuttosto, è necessaria una revisione trasparente nel mezzo del cammino, per definire gli obiettivi post-2030.
Un tale riesame dovrà anzitutto valutare se lo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica e la disponibilità di materie prime per la produzione delle batterie saranno in grado di stare al passo con il costante, netto, incremento di veicoli elettrici a batteria in quel determinato momento”.
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Il nodo delle materie prime essenziali alla produzione delle celle per le batterie è noto da tempo. Le terre rare sono concentrate in grandi quantità in una ristretta rosa di paesi: dal nichel estratto in Siberia al cobalto dell’Asia e dell’Africa centrale.
Esiste un tema di approvvigionamento di queste essenziali materie prime per quella che, in prospettiva, in Europa, può diventare una proposta di assemblaggio delle batterie e creazione delle celle presso Gigafactories ma non del tutto indipendenti. Il pallino della produzione di batterie in senso ampio resta saldamente nelle mani della Cina.
ANFIA E I COSTI SOCIALI IN ITALIA
La transizione verso l’elettrico avrà costi sociali importanti da sostenere, se si guarda a tutte le aziende della filiera legata all’automotive e la produzione di componentistica, in molti casi, non più necessaria. Il tema è quello della riconversione da attuare.
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“Sono 70.000 i posti di lavoro a rischio nell’industria automotive, legata alla produzione di componenti che non serviranno per l’elettrico”, commenta Gianmarco Giorda, direttore di Anfia.
“L’elettrico a oggi non è in grado di compensare la perdita di posti di lavoro, non basta costruire colonnine di ricarica o altri componenti. Servono piuttosto azioni per portare in Italia pezzi di filiera legati alla produzione di batterie per le auto elettriche“.
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