L’Europa guarda all’idrogeno (Italia compresa)
Non solo elettrico a batterie: il Green Deal europeo ha visto anche la presentazione ufficiale della Strategia europea per l'idrogeno, che punta a implementare accelerare lo sviluppo del fuel cell, e la diffusione dei distributori.
In questo articolo
- ELETTRICHE CHE SI RICARICANO "IN FRETTA"
- L’IDROGENO PARTE DA TRASPORTI PUBBLICI E COMMERCIALI
- LE NOVITÀ DI STELLANTIS
- RENAULT, LA HYVIA, LA CONCEPT CAR A IDROGENO
- I PROBLEMI DELL’IDROGENO
- LA STRATEGIA EUROPEA PER L’IDRGOENO
- RENEWABLE HYDROGEN
- LE FASI DELLA STRATEGIA
- REPOWEREU
- POLITICA, INDUSTRIA E RICERCA UNITI DALL’IDROGENO
- CI SONO PROGRESSI
Il futuro è elettrico? Sì, ma anche a fuel cell. Nel pieno della rivoluzione della mobilità, destinata a mandare in pensione i vecchi motori endotermici, l’Europa sembra avere ben chiaro che l’idrogeno è uno dei “cavalli su cui puntare”. Letteralmente.
Completamente a 0 emissioni, veloce nel riferimento, se usato con un giusto criterio l’idrogeno può essere fondamentale per cambiare il sistema energetico del pianeta. Con una rivoluzione che, stavolta, non parte dalle auto, ma dai mezzi pesanti.
Approfondisci: All’IAA di Hannover 2022 si è parlato molto di idrogeno.
ELETTRICHE CHE SI RICARICANO “IN FRETTA”
Iniziamo cercando di chiarire cosa, effettivamente, è un veicolo a idrogeno. Complice anche un’informazione confusa, si tende a separare i veicoli a batterie (chiamati elettrici) da quelli a idrogeno.
Ma, in realtà, sempre di veicoli elettrici si tratta. Quello che cambia è cosa alimenta il motore elettrico. Nel caso delle auto elettriche più conosciute, quelle che tutti ci stanno incentivando a comprare, il motore è alimentato da energia immagazzinata dagli accumulatori.
Nel caso degli elettrici a idrogeno, l’energia viene garantita dal gas naturale, in seguito alla reazione nelle fuel cell (da cui il nome della tecnologia) e, quindi, alla generazione di potenza.
Si tratta, comunque, di due facce della stessa medaglia, perché entrambe le tecnologie puntano a una mobilità più sostenibile ed entrambi sono ora dipendenti dalla diffusione delle infrastrutture: le colonnine, per quanto riguarda gli elettrici a batterie; i distributori di idrogeno, per gli elettrici fuel cell.
Leggi Anche: L’idrogeno è una pragmatica alternativa nella decarbonizzazione
L’IDROGENO PARTE DA TRASPORTI PUBBLICI E COMMERCIALI
Pur essendo presenti dei tentativi già in commercio di auto a idrogeno, come Toyota Mirai – oggi alla sua seconda generazione – e Hyundai Nexo, è evidente che l’idrogeno sta partendo proprio là dove l’elettrico a batterie non è sufficiente: i mezzi pesanti.
I camion, gli autobus e, di recente, anche i treni, ripartono proprio dalla tecnologia fuel cell. Diversi sono i motivi, a cominciare dalla difficoltà di progettare batterie in grado di spingere una mole così importante, e di garantire al contempo una lunga autonomia. I camion elettrici, che pure sono prodotti, hanno un’autonomia limitata, e quindi per lo più destinata a mezzi con uso locale, come per esempio i camion per la pulizia cittadina e la raccolta rifiuti, o i camion dei pompieri.
L’elettrico a battere ha poi un altro problema: la ricarica, che su pacchi batterie così importanti come sono quelli per veicoli così grossi, richiede tempi davvero molto importanti. L’idrogeno può risolvere anche questo, dal momento che, a livello di tempistiche, il rifornimento di questo carburante naturale impiega pochi minuti.
A differenza degli esperimenti automobilistici, anticipati anche da Fiat con la Panda Aria nel 2007, il settore dei mezzi pesanti si sta muovendo più velocemente. Nikola (e quindi Iveco), Mercedes e soprattutto Hyundai, che con la flotta Xcient Fuel Cell sta dimostrando un grande interesse – e un enorme investimento – verso questa tecnologia.
Investimento in parte ripagato, considerando che è stata la Svizzera il primo Paese a ordinare un’intera flotta di camion Fuel Cell. Ma ciò sono anche altri marchi, come Volkswagen, Opel, Audi e BMW tutti fortemente attenti allo sviluppo di questa nuova tecnologia.
LE NOVITÀ DI STELLANTIS
Anche in ambito LCV si sta muovendo qualcosa, e Stellantis crede che la decarbonizzazione dei veicoli commerciali leggeri possa ugualmente passare dall’idrogeno.
Nel 2021 in Germania, e nel 2022 in Italia, per esempio Opel ha presentato il suo Vivaro-e Hydrogen, con tecnologia plug-in fuel cell (FCEV) che garantiace un volume di carico identico alle versioni benzina e diesel, autonomia di 400 km ma appena 3 minuti di tempo per il rifornimento.
Sono tre i serbatoi di idrogeno, per un totale di 700 bar, che alimentano il motore elettrico, e che trasformano il già commercializzato Vivaro-e in un veicolo a idrogeno senza modifiche alla carrozzeria.
RENAULT, LA HYVIA, LA CONCEPT CAR A IDROGENO
Renault è un altro brand che crede molto nell’idrogeno applicato ai veicoli commerciali leggeri, e per questo nel 2021 ha creato il marchio HYVIA, dove HY indica “Hydrogen” e VIA indica la strada da percorrere.
La Losanga, pur avendo degli LCV a batteria, preferisce concentrarsi su LCV a idrogeno, creando un vero e proprio ecosistema che comprenda l’idrogeno verde e le stazioni di ricarica, sfruttando la collaborazione con Plug Power.
Non solo, perché da parte di Renault c’è un tentativo di idrogeno applicato alle auto. Nel Maggio del 2022, infatti, ha scelato la Scenic Vision, elettrica sia a batteria che FCEV (e quindi una nuova idea di ibrido), che sarà prodotta in Francia.
Potendo ricaricare alle colonnine, non soffrirà le poche infrastrutture a idrogeno attualmente presenti in Europa, alle quali comunque può rifornirsi in 5 minuti. La Vision anticipa le forme della Scenic elettrica del 2024, mentre il propulsore sarà concretizzato entro il 2030, anno maturo per “guidare fino a 800 km senza fermarsi per rcaricare”.
Approfondisci: La strada di Renault verso l’idrogeno
I PROBLEMI DELL’IDROGENO
Proprio come l’elettrico a batterie, l’idrogeno ha ancora non pochi svantaggi. Il vero punto debole del gas naturale è la complessità della distribuzione e, soprattutto, i costi delle stazioni di rifornimento. L’idrogeno, infatti, allo stato gassoso deve essere trattato a 700 atmosfere, mentre a quello liquido a -250 gradi.
L’altro problema è la scarsa diffusione: se già l’elettrico a batterie si vede ostacolato da una scarsità ancora importante di colonnine di ricarica, i distributori di idrogeno nel Vecchio Continente sono rari e dispersi. Per fare il paragone, l’elettrico a batterie gode di 250.000 punti di ricarica in tutta Europa, l’idrogeno di appena 134 (di cui 86 nella sola Germania, nazione leader in Europa e nel mondo per questa tecnologia).
L’Italia – purtroppo – è ancora una volta maglia nera, con solo Bolzano ad avere un distributore, mentre è in arrivo, nei prossimi anni, un’altra stazione della zona del Lago di Iseo, dopo il lancio dei treni a idrogeno di Trenord. Ci sono voci e idee su altri distributori, ma ad oggi nulla di ufficiale.
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LA STRATEGIA EUROPEA PER L’IDRGOENO
L’Europa ha però intenzione di muoversi. Nello stesso Green Deal che ha declinato la strategia per mandare definitivamente in pensione i motori endotermici in favore degli elettrici a batterie, ha visto anche la presentazione ufficiale della Strategia sull’Idrogeno, in un documento noto come A Hydrogen strategy for a climate-neutral Europe.
Questo piano, che rappresenta uno dei punti chiavi del Green Deal, si pone due obiettivi:
- Estendere l’uso del vettore per sostituire i combustibili fossili;
- Decarbonizzare la produzione dell’idrogeno stesso.
L’importanza, comunque, della strategia è piuttosto evidente, considerando che per Frans Timmermans, Vicepresidente esecutivo, la nuova hydrogen economy ha le carte in regola per essere motore di crescita e superare il danno economico causato dalla pandemia.
L’Europa, sviluppando una catena del valore dell’idrogeno verde, può diventare pioniera di questo gas, mantenendo la sua posizione di leadership per quanto riguarda le tecnologie pulite. E questo perché le istituzioni europee sono consapevoli di quanto detto sopra, ovvero dell’inefficacia delle batterie sui mezzi pesanti.
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RENEWABLE HYDROGEN
La strategia europea per l’idrogeno, però, ha come punto base insindacabile un idrogeno pulito al 100%. Attualmente, la maggior parte dell’idrogeno utilizzato nel Vecchio Continente viene dalla lavorazione di gas naturale e idrocarburi.
La nuova strategia, invece, vuole dare priorità al renewable hydrogen, ovvero idrogeno rinnovabile, ottenuto non solamente dall’elettrolisi dell’acqua alimentata da energia fotovoltaica o eolica, ma anche dal reforming di biogas o conversione biochimica della biomassa.
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LE FASI DELLA STRATEGIA
La strategia sembra, quindi, molto decisa, e nel documento si apprende come l’Unione Europea abbia intenzione di muoversi per diverse fasi, secondo investimenti, norme e, soprattutto, la nascita di un vero mercato:
- Dal 2020 al 2024, la Commissione Europea si occuperà di installare almeno 6 gigawatt di elettrolizzatori per la produzione di idrogeno rinnovabile. Questo obiettivo è affiancato a quello di produrre un milione di tonnellate del combustibile.
- Dal 2025 al 2030, il vettore dovrà essere parte integrante del sistema energetico, con 50 gigawatt (almeno) di elettrolizzatori e la produzione di 10 milioni di tonnellate del combustibile.
- Dal 2030 al 2050, l’aspettativa è che le tecnologie per l’idrogeno siano finalmente mature per poter essere impiegate su larga scala, anche per quei settori più difficili da rendere carbon neutral.
REPOWEREU
Nel maggio del 2022, inoltre, il piano REPowerEU ha completato l’attuazione della strategia europea sull’Idrogeno, aumentandone le ambizioni ma anche introducendo il concetto di “accelerazione dell’idrogeno” per aumentare la diffusione dell’idrogeno rinnovabile.
Nello specifico, il piano ambisce a produrre 10 milioni di tonnellate e importare altre 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile in UE entro il 2030, con un forte aumento rispetto alle 5,6 milioni di tonnellate previste nel luglio del 2021.
Inoltre, il piano comprende alcuni importanti progetti di comune interesse europeo (IPCEI) sull’idrogeno. Il primo si chiama IPCEI Hy2Tech, che a sua volta include 41 progetti ed è stato approvato a luglio 2022, che punta a sviluppare tecnologie innovative per la catena di valore dell’idrogeno al fine di decarbonizzare i processi industriali.
A settembre 2022 l’approvazione di un secondo progetto, chiamato IPCEI Hy2Use, che integra il primo e sosterrà la costruzione di infrastrutture legate all’idrogeno e lo sviluppo di tecnologie innovative più sostenibili per integrarlo nell’industria (automotive compresa).
Ciò rientra nella strategia di infrastrutturazione ecologica, che oltre a comprendere una colonnina di ricarica ogni 60 km entro il 2026, prevede anche una stazione di rifornimento di idrogeno ogni 100 km entro il 2027 (inizialmente era una ogni 150 km entro il 2031).
POLITICA, INDUSTRIA E RICERCA UNITI DALL’IDROGENO
Insieme alla Strategia, e anzi per permetterne l’efficacia, l’Unione Europea ha presentato anche l’European Clean Hydrogen Alliance, ovvero un patto tra i leader del settore, la società civile, la politica e la Banca Europea per gli investimenti.
Si tratta di un’importantissima alleanza, che sta condividendo tutti gli investimenti per lo sviluppo di progetti concreti che servano per sostenere tutti gli sforzi per la decarbonizzazione delle industrie ad alta intensità energetica, soprattutto quella dell’acciaio e dei prodotti chimici.
L’alleanza ha l’obiettivo di diffondere le tecnologie dell’idrogeno entro il 2030, e ha lanciato sei tavole rotonde tematiche in aree relative alla produzione, al trasporto e all’uso dell’idrogeno.
In un contesto di forte incertezza energetica, l’Europa sembra ancora determinata a diventare “Nazione” (o insieme di Nazioni) leader per l’energia. Forte della sua predominanza nel settore delle automobili, il Vecchio Continente è deciso a mantenerla rivoluzionando completamente la sua economia, divenendo il più possibile indipendente e autosufficiente.
CI SONO PROGRESSI
Rispetto alla prima stesura di questo articolo (dicembre 2020) sono stati fatti numerosi passi in avanti, più o meno in tutti i paesi europei.
I più virtuosi sono come al solito i nordici, con la Danimarca che, anche grazie alle sue piccole dimensioni, è già in grado di coprire un viaggio a idrogeno in tutto il suo territorio, anche perché sia Energinet che la Danish Anergu Agency collaborano attivamente ai piani europei.
Anche l’Austria gode di un buon numero di distributori, che ben si connettono a quello presente a Bolzano, mentre in Germania si sfiorano i 100 distributori, e in Francia ce ne sono poco meno di 50.
In Italia al momento se ne contano due. Il distributore storico di Bolzano, città dove gran parte dei bus urbani sono a idrogeno; e il recente distributore Eni di Mestre (VE). Eni tra l’altro, è uno degli enti il cui progetto in comune con Enel Green Power rientra proprio nel citato progetto Hy2Use.
Ma anche il Bel Paese, complice il PNRR, ha obiettivi ambiziosi, con una copertura autostradale ogni circa 120 km (e ogni 90 km le colonnine). Staremo a vedere.
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