Trasporto pubblico al collasso e rischi sanitari. Che fare?
I problemi del trasporto pubblico in Italia sono pregressi al Covid, ma la necessità di rispettare le norme sanitarie ha messo in luce tutte le fragilità del sistema. Ecco cosa non è stato fatto (e si potrebbe fare) per migliorare la situazione.
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Gli spostamenti, come prescritto dall’ultimo Dpcm del 6 novembre, sono sempre più limitati. Le norme potranno cambiare, ma difficilmente la situazione si normalizzerà prima della primavera. In questo contesto, cosa sta succedendo al settore dei trasporti in Italia? Abbiamo fatto il punto con l’economista Andrea Giuricin.
IL PUNTO CON ANDREA GIURICIN
Garantire la sicurezza sanitaria del trasporto pubblico è una delle sfide più difficili con il riacutizzarsi della pandemia. Per rispettare le norme anti contagio è necessario assicurare un adeguato distanziamento, e per farlo servono più mezzi e più frequenza delle corse.
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Più semplice a dirsi che a farsi, per ragioni economiche e organizzative. Un problema che avevamo già sollevato durante l’estate, e che è diventato drammatico a settembre, con la riapertura delle attività.
Anche i prossimi mesi si preannunciano difficili. Le restrizioni alla circolazione portano a una contrazione della domanda di tutti i settori della mobilità pubblica: dal trasporto pubblico locale, all’alta velocità, ai vettori aerei.
IL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE
La mobilità in generale è legata all’andamento dei contagi e delle restrizioni. Pur essendo calata la richiesta, in Fase 3 (databile da settembre a ottobre 2020) si sono verificati molti problemi di congestione, ora ridotti dalle misure di limitazione di mobilità. Come limitarli? Due i campi di intervento:
- LAVORARE SULLA DOMANDA. Ciò significa ridurre il numero dei passeggeri, obiettivo parzialmente raggiunto grazie all’autolimitazione dei cittadini (rinuncia ai viaggi di piacere, utilizzo di mezzi propri) e a misure come il ritorno della didattica a distanza e dello smart working e, soprattutto, ridurre il picco di affluenza nelle ore di punta
- LAVORARE SULL’OFFERTA cioè aumentare il numero e la frequenza dei mezzi, obiettivo più difficile e sostanzialmente mancato
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Per ridurre l’affollamento ci sono diverse misure che si possono prendere, nessuna in sé risolutiva, ma che insieme possono aiutare:
- Modificare gli orari di ingresso di scuole e uffici pubblici per splamare il picco
- Differenziare il prezzo dei biglietti a seconda degli orari
- Monitorare l’affluenza a bordo dei mezzi, in modo che l’utente possa scegliere di spostarsi quando ci sono meno passeggeri
Ma, se è pensabile indirizzare la domanda, più difficile allargare l’offerta, dato che mettersi a costruire nuovi autobus e treni non è realisticamente fattibile nei prossimi mesi. Eppure qualcosa si potrebbe fare lo stesso: “Parlando con tanti operatori privati, c’è un’offerta di bus turistici che sarebbe possibile impiegare sulle linee periferiche che collegano le grandi città”, spiega Giuricin.
LE FERROVIE
Un problema che riguarda anche le norme anti-covid sui treni, con la norma che obbliga i treni ad alta velocità a viaggiare al 50% della capienza, mentre sul trasporto locale all’80% o al 100%, senza controlli e con pericolosi ammassamenti.
La crisi da Covid rischia di mettere fine a una importante conquista degli ultimi anni: l’alta velocità, che grazie alla competizione Trenitalia-Italo aveva visto molto migliorare i propri servizi con una riduzione del 40% delle tariffe.
A seguito del crollo della domanda e del Dpcm del 6 novembre, Italo ha deciso di cancellare la maggior parte dei treni alta velocità, a viaggiare saranno solo pochissimi treni sulle principali direttrici.
“Italo era un’azienda molto forte prima della crisi ma se mancano ricavi per un anno c’è il rischio di mandare a casa tante persone – commenta Giuricin -. Il Governo ha ridotto il pedaggio delle aziende ferroviarie per utilizzo dell’infrastruttura (attualmente Italo paga circa 200 milioni di euro l’anno dati da Italo, ed è un costo fisso), ma la misura che finisce il 31 dicembre e spero sia prorogata a giugno”.
IL TRAFFICO AEREO
Una proposta simile potrebbe essere attuata per il trasporto aereo, il cui calo è stimato fra il 70 e l’80%. Spiega Giuricin: “Nel settore aereo si potrebbe ridurre la tassazione dell’Iva sui voli domestici dal 10 al 4%, oppure fare pagare le tasse di volo, che servono a coprire cassa integrazione speciale del settore, non al cliente ma al Governo. È comunque necessario creare un fondo per il settore aereo perché la crisi non è solo degli aeroporti ma di tutto il settore aeroportuale, compreso il noleggio auto presso gli aeroporti”.
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Il settore aereo vede 150mila persone occupate nel nostro Paese. Si stima che un aeroporto un aeroporto impieghi mille persone ogni milione di passeggeri circa e nel 2019 ci sono stati 161 milioni di passeggeri in Italia.
IL MONDO AUTO
In questo campo bisogna operare per salvaguardare un settore strategico per il Pil italiano. A dare il senso della portata della crisi del Covid è stato il blocco pressoché totale del mercato auto durante la prima ondata della pandemia, in tutti i Paesi toccati dall’emergenza. “Grazie agli incentivi il mercato ha tenuto, ma ora c’è il rischio che torni a contrarsi, anche perché non si è mai ripreso del tutto – commenta Giuricin-. Gli incentivi sono arrivati tardi, mentre dovevano essere pronti già a maggio”.
Sul fronte del noleggio a lungo termine, che comunque sta affrontando la crisi meglio di altri settori, le aziende stanno prolungando i contratti e anche questo ha un impatto negativo sulla produzione auto. Conclude Giuricin: “Considerando la rilevanza che ha l’automotive, le conseguenze rischiano di essere gravi. Bisogna pensare immediatamente a una incentivazione importante sul settore auto per sostenere la filiera”.
COSA SI PUÒ FARE
Ridurre gli spostamenti sui mezzi pubblici e la via più immediatamente percorribile. Per riuscirci bisogna incentivare lo smart working il più possibile (compresa la didattica digitale per gli studenti più grandi), diversificare gli orari di ingresso e uscita al lavoro, proseguire nell’utilizzo della micromobilità nelle aree urbane.
Poi serve l’intervento pubblico: “Dare soldi serve a lenire mancanza di ricavi delle aziende di trasporto pubblico, ma la cosa più importante, alla fine di questa seconda ondata, sarà sostenere molto rapidamente la ripartenza con incentivi, riduzione dei pedaggi e misure simile per il trasporto aereo. Lo Stato deve intervenire quando ci sono questi shock”.
Infine serve ottimizzare tutte le risorse a disposizione. Dai treni dell’alta velocità, che potrebbero essere usati per ridurre l’affollamento dei regionali, ai taxi e ai mezzi Ncc rimasti senza lavoro.
AUTOBUS NCC PER IL TRASPORTO PUBBLICO
Un esempio emblematico in tal senso è quello degli autobus turistici ed Ncc (noleggio con conducente), che soffrono ovviamente la crisi del settore viaggi e sono fermi. Un’idea è quella di utilizzarli per potenziare il trasporto pubblico, non tanto come autobus cittadini ma per incrementare le corse dai paesi alle aree più urbane, specialmente negli orari di punta.
L’esempio della Toscana
La Toscana è la prima Regione in Italia ad avviarsi verso la riduzione al 50% della capienza dei bus, anche attraverso il ricorso a 200 bus turistici ed Ncc. Misura che si aggiunge all’impiego della didattica a distanza e, quindi, un minore affollamento di studenti.
Spiega l’assessore regionale ai trasporti Stefano Baccelli: “Grazie ai 3 milioni che la Toscana aveva stanziato con delibera a fine agosto è stato finanziato fino ad oggi il lavoro di circa 200 bus mezzi, tra bus privati ed Ncc, per un totale di oltre 600 corse aggiuntive al giorno. I 4 milioni che stanziamo oggi serviranno per sostenere questo stesso livello di servizio aggiuntivo nei prossimi mesi”.