Perché lo stop ai motori endotermici è ancora in forse?
Rimandato - di nuovo e a data da destinarsi - il voto finale sullo stop ai motori endotermici. Ma non era già approvato, vi chiederete? Quasi. Come ogni legge, la proposta della Commissione europea ha un iter da seguire (che passa per Strasburgo e Bruxelles) prima di essere definitiva. E in questo dedalo di approvazioni e riscritture si è fermata.
Avevamo scritto che lo stop ai motori endotermici nel 2035 era stato approvato dall’Unione, ma, come tutte le leggi, anche le decisioni dell’Unione europea prevedono un iter di approvazione, che parte dalla proposta di legge (presentata dalla Commissione europea, con sede a Bruxelles), che deve passare al vaglio del Parlamento europeo (Strasburgo) e del Consiglio dell’Unione europea (ancora a Bruxelles) e che devono approvare, modificare o respingere l’iniziativa legislativa.
Una volta che Europarlamento e Consiglio hanno dato l’ok, devono però trovare un accordo sul testo finale della legge. Quest’ultimo passaggio (o meglio, penultimo, visto che – come succede in Italia – per essere efficace la legge deve essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione) è quello che questa settimana sta provocando rimandi, discussioni e timori.
Ecco cosa sta succendendo.
Rimandato il voto per lo stop ai motori endotermici nel 2023
Prima di questa ultimissima approvazione al testo, di cui parlavamo poco sopra, c’è – ovviamente – da scrivere il testo. La discussione è in mano al Coreper I, un organo che riunisce gli ambasciatori dei 27 Stati membri, e che fa anche da “termometro” al voto finale. (Da qui, infatti, sono emersi i dubbi dell’Italia, dell’Ungheria e della Polonia e, forse, della Germania).
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La riunione era stata programmata in origine mercoledì 1 marzo, poi rimandata alle 10 di venerdì 3 marzo, infine posticipata ulteriormente a data da destinarsi.
Il ruolo dell’Italia
I motivi del rimando sono legati alla possibilità di non raggiungere una maggioranza qualificata (il voto favorevole del 55% degli Stati memebri, che devono rappresentare almeno il 65% della popolazione dell’Unione).
A far scoppiare il caso, mettendo in campo l’ipotesi di una minoranza di blocco che potrebbe fermare il provvedimento, sono stati la Germania, che vorrebbe soprattutto una deroga per i carburanti sintetici: l’Italia che proprio all’inizio della settimana chiedeva una “transizione economicamente sostenibile e socialmente equa“ ed è pronta a dire no, così come farebbe l’Ungheria; mentre la Polonia sembra dell’idea di astenersi dal voto.
In definitiva, dobbiamo ancora aspettare, mentre i tempi sono sempre più stretti, per scoprire cosa ne sarà della nostra industria automotive.
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