Gli Airbnb dell’automotive: cos’è il car sharing peer to peer
Dopo aver conquistato il settore degli alloggi, l’economia peer-to-peer punta all’automotive. A metà strada tra il noleggio e il car pooling, ecco quali sono e come funzionano i servizi p2p del mondo a quattro ruote.
In questo articolo
Peer to peer – spesso abbreviato in p2p – significa, letteralmente, “tra pari”. Termine tecnico del web indicava, inizialmente, due nodi di una rete in comunicazione diretta, senza l’intermediazione di un server. Il termine si è oggi esteso indicando una nuova forma di economia in cui sono i privati a gestire lo scambio di denaro e servizi, senza la necessaria presenza di un commerciante.
Peer to peer è quello che avviene su Airbnb, la piattaforma digitale che permette ai viaggiatori di entrare in contatto con gente del luogo, disposta a mettere a disposizione la propria casa in cambio di una somma pattuita.
Peer to peer sono anche Tura e Getaround che, invece delle case, hanno nelle automobili il proprio oggetto di scambio. Servizi che stanno riscuotendo enorme successo negli Stati Uniti e che tra non molto potrebbero arrivare anche in Italia.
IL CAR SHARING PEER TO PEER
Il car sharing “tra pari” è una pratica consolidata e già attiva da una decina d’anni nel Nord Europa e negli Stati Uniti dove, tuttavia, ha sempre rivestito un ruolo minoritario rispetto alle tradizionali forme di noleggio per privati. Le contingenze, però, hanno ribaltato la situazione.
Mentre le società di noleggio traballano sotto le spinte della crisi economica post-pandemica e del chip shortage che rallenta l’arrivo di nuove auto, il p2p guadagna terreno. Tura e Getaround, le piattaforme più popolari negli Usa, sfiorano picchi di crescita del 150%, con incrementi nei guadagni settimanali del 40% da febbraio 2021.
Come funziona lo sharing p2p?
Esattamente come Airbnb. Ci si iscrive alla piattaforma e si cerca un’auto disponibile nel luogo e nelle date utili. Auto che sarà fornita da un privato, disposto a metterla a disposizione degli altri utenti in cambio di denaro, che verrà corrisposto in modo controllato e tracciato tramite la stessa piattaforma.
Per l’utente, il car sharing p2p significa rinunciare ad auto nuove e dotate di optional business, ma con un notevole risparmio sul prezzo di noleggio. Per il privato, il servizio comporta una piccola commissione da corrispondere alla piattaforma.
IL CAR SHARING P2P IN ITALIA
Anche in Italia, in realtà, il p2p dell’automotive esiste e non è una novità. La prima piattaforma a entrare nel ramo fu Auting, nel 2017. Seguirono Popmove, GetMyCar, I-Link, ma senza grandi risultati – al punto da non essere neppure citati nel Rapporto Nazionale sulla Sharing Mobility.
Il problema è burocratico e normativo. Affinché una vettura sia noleggiabile, è necessario che sia appositamente immatricolata per “uso terzi da locare senza conducente”, operazione costosa e contraddistinta da precisi vincoli, ben poco conciliabili con la flessibilità della sharing economy.
Nonostante l’agenzia di assicurazioni Reale Mutua abbia sviluppato una polizza specifica a tutela tanto dei proprietari che mettono a disposizione il proprio veicolo che degli utenti che lo utilizzano temporaneamente. Gli Airbnb dell’automotive, insomma, potrebbero fare in Italia la stessa fine che ha fatto Uber, servizio apprezzato dai cittadini ma osteggiato fino al blocco da competitor e associazioni di categoria.
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