Cosa manca all’Italia per ricaricare le auto elettriche
Quasi completamente escluse dalle policy aziendali due opzioni fondamentali per il percorso di elettrificazione privato, ovvero l’installazione di wallbox casalinghe e la ricarica presso l’abitazione del dipendente, che sfiorano il 10%. Un problema di cui abbiamo discusso anche con Francesco Naso, Segretario generale Motus-E.
In questo articolo
- L'intervista a Francesco Naso, Segretario generale Motus-E
- FM: Questi dati cosa ci dicono? Come procede la nostra elettrificazione?
- FM: Ovvero?
- FM: Al crescere del parco auto elettrico però non dovranno aumentare solo i punti ad alta potenza. Spesso sembra manchi la percezione che sono necessari, soprattutto in città, tanti piccoli, anche piccolissimi, punti di ricarica.
- FM: Coinvolgere i privati?
- FM: Quali?
- FM: L’installazione su suolo privato, per le aziende, è spesso un grosso problema. Ancora peggio quando si parla di installazione a casa dei dei dipendenti, tra normative confuse e resistente da parte dei condominii.
- FM: C’è un però. Il problema della fiscalità legata al rimborso delle ricariche casalinghe.
Le aziende – come è risultato anche dalla nostra Survey – scelgono sempre più spesso la spina, più per compliance con le richiese della direzione (61%) e le questioni environmental, social and governance (50%), ma che porta con sé indiscussi vantaggi. Meno vantaggiosa, almeno secondo le confidenze dei nostri Fleet Manager, la gestione della ricarica. Sia per i prezzi, che negli ultimi mesi sono cresciuti parimenti gasolio e benzina, con abbonamenti (più vantaggiosi e di semplice gestione per le flotte) che spariscono più in fretta delle motorizzazioni termiche, sia per logistica.
Come arginare queste problematiche? Con una strategia di rifornimento che parte dalla scelta di un provider di energia (scelto quasi esclusivamente per offerta economica più vantaggiosa) e che passa per lo studio, in alcuni territori più semplice che in altri, dei percorsi e dei driver ai quali dare la possibilità di scegliere un’elettrica (o una ibrida Plug-In, sempre meno spesso per la verità visti i problemi di emissioni e consumi reali rilevati negli scorsi mesi e dei quali abbiamo già ampiamente discusso).
Poi si valuta la possibilità di ricarica in corrente continua o alternata (e quindi la velocità di ricarica), ma anche la possibilità di rifornirsi in azienda, a casa o sulla rete pubblica. Dei gestori di flotte che hanno risposto alla nostra Survey, per la ricarica la scelta preferita è quella in azienda, attraverso un’infrastruttura di proprietà (quasi l’86% degli intervistati, che hanno già installato sul territorio un totale di 11.700 colonnine di ricarica e prevedono di installare ulteriori 5 mila nei prossimi 12 mesi).
Per chi sceglie, per necessità o obbligo, la rete pubblica (al 31 marzo 2024, in Italia risultano installati 54.164 punti di ricarica, segnando un incremento di 3.486 unità dall’inizio dell’anno, con 45.126 punti con potenzia inferiore a 50kW, 6.017 con potenza tra 50 e 149 kW e 3.021 con potenze anche superiori a 150kW – dati Motus-E) c’è l’incognita del pagamento. Spesso si opta per una soluzione multibrand, che permette di ottenere una card, fisica o digital, da utilizzare sulla rete di diversi provider (il 48% dei FM si muove in questa direzione), o con accordi one-to-one con un provider, solo il 30%. Quasi completamente escluse dalle policy aziendali due opzioni fondamentali per il percorso di elettrificazione privato, ovvero l’installazione di wallbox casalinghe e la ricarica presso l’abitazione tramite contratto del dipendente, che sfiorano il 10%. Un problema di cui abbiamo discusso anche con Francesco Naso, Segretario generale Motus-E, nell’intervista che segue.
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L’intervista a Francesco Naso, Segretario generale Motus-E
FM: Questi dati cosa ci dicono? Come procede la nostra elettrificazione?
Francesco Naso, Motus-E: Possiamo dirci soddisfatti, ma c’è ancora tanto da fare in termini di capillarità, soprattutto per i punti di ricarica ad alta potenza (superiori a 50 kW), specie al Sud, in special modo sulle sulle vie ad alto scorrimento. Nonostante tutto però sulle autostrade iniziamo ad avere una buona diffusione, con le reti ASPI che sono ovviamente le più estese. È importantissimo però che tra la fine del 2023 e l’inizio di quest’anno sia partita l’assegnazione con gara per le sub-concessioni di ricarica nelle aree di servizio autostradali, cosa che fino adesso non era mai avvenuta (oggi tutte le colonnine installate su rete ASPI sono infrastrutture di ricarica ad alta potenza Free To X per contratto diretto con ASPI). Il 2025 e il 2026 saranno fondamentali per l’installazione di punti da 150 chilowatt, anche perché l’Italia dovrà rispettare i tempi della della FIR.
FM: Ovvero?
F. N.: Parliamo del regolamento sui combustibili alternativi del 2023, che diventa cogente nell’aprile 2024, e che descrive una serie di vincoli e di obiettivi che dobbiamo rispettare. Per esempio, gli obblighi di capillarità di punti di ricarica sulle autostrade e sulle strade ad alto scorrimento nella rete TEN-T, ma anche obiettivi importanti dal punto di vista del numero di chilowatt per ciascuna auto elettrica circolante (1,3 kW per ciascuna BEV e 0,8 per le ibrida Plug-In). Oggi siamo in linea, però al crescere della del parco circolante (secondo gli obiettivi del Piano nazionale integrato energia clima, 4,3 milioni EV e 2,1 milioni PHEV al 2030) bisognerà aumentare.
FM: Al crescere del parco auto elettrico però non dovranno aumentare solo i punti ad alta potenza. Spesso sembra manchi la percezione che sono necessari, soprattutto in città, tanti piccoli, anche piccolissimi, punti di ricarica.
F. N.: Vero. Ha toccato un punto importante: ben venga l’impegno che si sta mettendo su sulle fast e ultra-fast, ma dobbiamo cominciare a ragionare su una diffusione di punti al di sotto degli 11 kW, dove poter lasciare l’auto anche tutta la notte. Non è sempre necessaria una ricarica al 100%, anzi: una elettrica per uso urbano mediamente carica il 30%. Se ne parla, ci sono degli esempi, Milano e Brescia, di City-plug. Corridoi di ricarica che hanno il vantaggio di poter condividere gli spazi con le auto termiche. E bisogna anche iniziare a pensare che non necessariamente si debbano realizzare sul suolo pubblico.
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FM: Coinvolgere i privati?
F. N.: Sì, gestori dei parcheggi, i supermercati, perché condividano meglio i loro spazi con con gli automobilisti elettrici, anche valorizzandoli. Sono luoghi che hanno potenza disponibile, specie durante la notte, e che non vengono utilizzati. Hanno diffusone capillare in città, non stiamo parlando dei dei centri commerciali, ma di parcheggi di prossimità che sono ancora poco sfruttati. I punti di ricarica sono un’occasione per attrarre i clienti durante il giorno, sì, ma anche per valorizzare asset fondamentalmente inutilizzati durante la notte. E per questo ci sono anche degli incentivi.
FM: Quali?
F. N.: Le imprese e le p.IVA che vogliono dotarsi di punti di ricarica hanno l’opportunità di accedere un incentivo del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, oggi inutilizzato e che sarebbe bene pubblicizzare. Parliamo di una copertura per almeno il 40% del prezzo d’acquisto e un 10% del costo di installazione.
FM: L’installazione su suolo privato, per le aziende, è spesso un grosso problema. Ancora peggio quando si parla di installazione a casa dei dei dipendenti, tra normative confuse e resistente da parte dei condominii.
F. N.: Per rispondere a questi problemi stiamo preparando una guida alle installazioni in ambito privato, che abbiamo preparato insieme ad ANACI, l’Associazione nazionale degli amministratori di condominio e immobili. L’idea è quella di far capire agli amministratori che non stanno mettendo mano a qualcosa di ingestibile e che, anzi, in realtà molto spesso la la legge facilita il lavoro di tutti, dando valore all’immobile. Questo è un passo fondamentale perché può pesare: fra qualche anno si prevede un 60% e più ricaricato in ambito privato, che sia aziendale o domestico.
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FM: C’è un però. Il problema della fiscalità legata al rimborso delle ricariche casalinghe.
F. N.: È inaccettabile che il rimborso sia completamente imponibile. Noi comprendiamo il dubbio dell’Agenzia delle Entrate – lasciare spazio a un rimborso che magari non è solo quello dei kWh della ricarica – ma misurare e contabilizzare quei consumi è possibile e facilissimo, lo fanno molti dei nostri associati. È possibile anche in maniera forfettaria basandosi sulle tabelle ACI. Siamo al paradosso che invece di dare una mano alle imprese ad affrontare la transizione le stiamo sfavorendo.
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