Colonnine da 500 kW e swapping battery: imparare dalla Cina per allontanarla
Nel mondo dell'elettrificazione, la Cina al momento gode di tutti i primati: diffusione e potenza delle infrastrutture, numero di auto elettriche, tecnologia delle stesse. Ma, forse, proprio imparando da loro riusciremo a tenerli lontani.
In questo articolo
Sappiamo ormai che l’Unione Europea ha intenzione di bandire i motori endotermici dal 2035, lasciando spazio solo a batterie e idrogeno.
Tuttavia, al momento la situazione è critica: i produttori europei, salvo eccezioni, hanno appena iniziato ad approcciarsi all’elettrico, e le infrastrutture – che pure crescono – sono ancora poche, crescono lentamente e sono concentrate in pochi paesi.
Questo potrebbe essere un lasciapassare quasi incondizionato per la Cina e i suoi sempre più numerosi produttori, che invece sull’elettrico a batterie sono ben più avanti. Eppure, è proprio dai cinesi che potremmo imparare per “tenerli a bada”.
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COLONNINE DA 500 KW E RICARICA RAPIDISSIMA
Nio, il produttore cinese noto per la qualità delle sue auto elettriche tanto da essere considerato la “Tesla d’Oriente”, ha di recente presentato delle nuove colonnine che ha intenzione di lanciare non solo in patria, ma anche in Europa, dove è sempre più presente.
Sono infrastrutture dalla tecnologia, in grado di far impallidire Ionity e Free To X, al momento le colonnine più potenti in Italia e nel continente con potenza fino a 350 kW.
Quelle di Nio sono quasi il doppio, arrivano a 500 kW e sono quindi pensate per auto elettriche future, con sistemi di tensione anche superiori a 800 Volt, al momento il massimo disponibile e presente sulle BEV di Tesla, Porsche BMW, Mercedes, Polestar, Hyundai e Kia.
Se al momento, i sistemi a 800 Volt messi a caricare a potenze di 350 kW recuperano l’80 % in circa un quarto d’ora, le colonnine a 500 kW riuscirebbero nell’intento di parificare i tempi di rifornimento con le auto endotermiche.
Tuttavia, ci sono dei ma.
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RIDURRE LA DIPENDENZA
La Cina può permettersi un’infrastrutturazione del genere per diversi motivi. In primo luogo, è notoriamente poco attenta all’impatto ambientale. Non che dispositivi del genere siano per forza inquinanti, ma se già ora le colonnine a 300 kW sono considerati dai più degli ecomostri (e non così a torto), quelle più potenti richiedono interventi ancora più complessi.
In secondo luogo, la Cina produce da sola l’energia elettrica di cui dispone. Al contrario, l’Europa ha una situazione variegata. I più virtuosi in tal senso, come la Norvegia e la Danimarca, hanno una situazione paragonabile, ovvero sono in grado di soddisfare da sole al loro fabbisogno di energia elettrica, con la seconda che tutti gli anni va in surplus e, addirittura, vende a Svezia e Germania.
Sappiamo invece molto bene la nostra situazione, e quella della stessa Germania: le due potenze sono quelle che oggi pagano di più le sanzioni alla Russia. Immaginate, quindi, quanto potrebbe essere costoso ricaricare a 500 kW per italiani e tedeschi, se già ora nel Bel Paese le tariffe per potenze superiori a 150 kW di Enel X, Ionity e Free To X sono di 0,69 e 0,79 € al kWh, che per ricaricare elettriche di grossa taglia raggiungono facilmente gli 80 €.
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SOSTITUIRE LE BATTERIE
La tecnologia a cui la Cina punta di più, tuttavia, è lo Swapping Battery, in Italia presente solo con le microcar di XEV. Ampiamente impegnate nella realizzazione di stazioni di questo tipo sono ancora Nio, ma anche Geely, il colosso proprietario di Volvo, Lynk & Co, Lotus e metà di Smart.
Tale tecnologia permette di sostituire la batteria scarica di un veicolo elettrico con una carica, in apposite stazioni, con tempi di 3 minuti circa.
Questa tecnologia ha molteplici vantaggi: eviterebbe di riempire l’Europa di colonnine, e riutilizzerebbe i distributori di benzina e diesel già esistenti (alcuni dei quali, va detto, hanno installato anche delle colonnine).
PROBLEMATICHE
Anche in questo caso, però, ci sono delle differenze. I produttori cinesi usano nella maggior parte dei casi delle batterie standardizzate, e di conseguenza intercambiabili tra di loro.
Quelli occidentali, invece, hanno batterie proprie, che quindi rende il processo molto più difficile.
C’è poi la questione della proprietà: in quel caso, infatti, la batteria diventerebbe un servizio, con eventualmente anche un canone da pagare, che includa anche ovviamente la sostituzione una volta scarica.
Di incognite, insomma, ce ne sono diverse. Certo è che la situazione attuale per l’Europa è caotica e svantaggiosa nei confronti della Cina, ma è proprio per evitare il destino che abbiamo visto per la telefonia, oggi dominata dai cinesi salvo le eccezioni di Samsung e Apple, che i produttori europei dovranno impegnarsi in questo senso.
E con loro l’Unione Europea, che sì ha previsto di riportare la produzione in toto in territorio europeo, così come l’energia. Ma si sa che tra il dire e il fare…
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