Cambio auto: tutte le tipologie che troviamo sulle vetture (anche elettriche)
Quante tipologie di cambio esistono? Ecco le più diffuse e le differenze tra le grandi "famiglie" del cambio manuale meccanico e la varietà di cambi automatici: con o senza convertitore di coppia, a variazione continua, a doppia frizione
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Tutte le attenzioni finiscono per essere catalizzate dalla tipologia di motore di un’auto, perlomeno nell’abc della tecnica e la scelta di questo o quel modello. Raro che ci si interroghi sul funzionamento delle varie tipologie di cambio abbinate al propulsore. Un errore grave, poiché è un componente cruciale nelle prestazioni, consumi, emissioni, sportività che trasmette a un determinato veicolo.
La tendenza radicata è di un’offerta oramai composta da trasmissioni automatiche, indubbiamente più comode alla guida e con i costruttori a effettuare scelte di razionalizzazione della gamma che portano a eliminare l’alternativa del cambio manuale. Cambi automatici che sono anche garanzia di altissime prestazioni, superando così il (vecchio) adagio che imponeva il cambio manuale sulle vere auto sportive. Non è, da tempo, più così.
CAMBIO AUTO, LE TIPOLOGIE E FUNZIONAMENTO
Basta dire cambio automatico o manuale per aver risolto il caleidoscopio di tipologie di trasmissione? No, affatto. Caratteristiche tecniche a parte, servirebbe approfondire anche modi d’uso e operazioni di manutenzione da eseguire su questo o quel tipo di cambio.
CAMBIO MANUALE MECCANICO
Per decenni, il cambio automatico ha rappresentato l’alternativa al cambio manuale, oggi – eccezion fatta per modelli entry level – è una proposta di serie su molte auto. Il cambio manuale si compone di una scatola al cui interno sono presenti degli ingranaggi (le marce, per semplificare), dei sincronizzatori e dei leveraggi per comandare gli innesti dall’abitacolo, mediante la leva.
Il cambio è accoppiato al motore mediante una frizione, che trasmette il moto dal propulsore – attraverso il volano – all’albero sul quale sono disposti i rapporti. Dal moto alternato dei pistoni si attua la trasformazione in moto rotatorio.
Tra il cambio manuale classico e il cambio automatico, possiamo collocare la tipologia di cambio robotizzato propriamente detto. Sul mercato non si contano quasi più modelli dotati di una convenzionale scatola del cambio, dove l’automazione è relativa esclusivamente agli innesti dei rapporti. Il Fiat Dualogic dei primi anni Duemila, ad esempio, era un cambio robotizzato, poiché sollevava il guidatore dal compito di dover azionare la frizione e operare sulla leva.
In casa Hyundai, oggi, il cambio meccanico manuale ha un elemento di automazione con la versione iMT, in grado di disaccoppiare la frizione e ampliare le fasi di start&stop e proporre la funzione stop&go nonostante il pedale della frizione: il guidatore, infatti, non deve intervenire sul pedale allo stop dell’auto ma esclusivamente per effettuare i cambi marcia.
CAMBIO DOPPIA FRIZIONE
Con le tipologie di cambi doppia frizione entriamo nel perimetro dei cambi automatici, che permettono anche forme avanzate di elettrificazione mild hybrid e sono essenziali su modelli ibridi (full e plug-in, salvo specifiche eccezioni tecniche, come i full hybrid Toyota e Honda).
I cambi automatici si definiscono tali poiché offrono la modalità di guida in cui la selezione delle marce è effettuata dall’elettronica e non è presente un pedale della frizione. Al guidatore è data la possibilità di selezionare personalmente la marcia, operando sul selettore a impulsi presente nell’abitacolo. Non c’è un collegamento meccanico tra leva e trasmissione.
Dei cambi automatici fa parte il cambio doppia frizione, la cui particolarità tecnica è nel disporre le marce non su un singolo albero (il principale) ma su due alberi che ruotano costantemente e contemporaneamente, a motore in moto. Le marce dispari sono disposte su un albero, le pari sul secondo. La rapidità di innesto dei rapporti è la caratteristica più rilevante di tali cambi (DSG, PDK, DCT, le sigle comunemente usate dalle diverse case auto), ed è prodotta dall’innesto di una delle due frizioni che si trovano su ciascuno degli alberi primari.
Quando si guida in prima marcia, l’elettronica ha già la seconda marcia “pronta”, poiché disposta sul secondo albero primario che ruota in contemporanea al primo. L’effettivo innesto della seconda marcia avverrà, quindi, aprendo la frizione dell’albero primario e chiudendo quella dell’albero secondario, sul quale è installato il secondo rapporto. La velocità di innesto/disinnesto delle frizioni è nettamente superiore alle operazioni di selezione dei rapporto disposti tutti su un unico albero primario. Parliamo di velocità di cambiata inferiori ai due decimi di secondo nei migliori cambi doppia frizione.
CAMBIO AUTOMATICO
Dal cambio doppia frizione passiamo all’automatico propriamente detto. Si tratta di una trasmissione (fino a 10 marce nelle proposte oggi sul mercato) che prevede i rapporti installato su un unico albero primario. L’innesto di ciascuna marcia è operato da attuatori a controllo elettro-idraulico mentre l’interfaccia tra cambio e motore può essere di due tipi: mediante convertitore di coppia (in foto) o attraverso frizione. Quest’ultima soluzione è proposta su cambi automatici votati alle prestazioni, mentre il convertitore di coppia è solitamente il simbolo del comfort di marcia elevato.
Si tratta di un dispositivo dal funzionamento idraulico che, all’incrementare dei giri motore produce l’innesto della trasmissione e della trazione alle ruote. Una delle particolarità tipiche dei cambi automatici a convertitore di coppia è il movimento del veicolo non appena si solleva il piede dal freno, senza necessità di accelerare. È l’effetto trascinamento prodotto dal convertitore di coppia.
CAMBIO CVT A VARIAZIONE CONTINUA
È una tipologia di cambio del tutto diversa, invece, quella dell’automatico a variazione continua (CVT). Qui mancano fisicamente i rapporti del cambio, gli ingranaggi con un predefinito e invariabile rapporto metrico.
Al posto degli ingranaggi trova spazio uno schema a due pulegge connesse da una “cinghia” (in realtà è una catena), che variano lo sviluppo metrico al variare dei giri motore, offrendo quello che si definisce come un “numero infinito di marce”. È una trasmissione ad altissimo comfort di marcia ma con effetti per molti guidatori considerati sgradevoli: l’effetto slittamento in partenza, con un incremento dei giri prima dell’effettiva trazione. Inoltre, manca l’effetto di variazione dei giri motore al variare della velocità. In sintesi, accelerando a fondo si ha il motore a un regime di giri elevato, stabile, con la velocità del veicolo che aumenta.
CAMBIO AUTO ELETTRICHE
Per quanti si stiano domandando se le auto elettriche hanno la necessità di un cambio, la risposta è no. Non c’è necessità di un cambio per come lo conosciamo, tuttavia, lo schema di trasmissione prevede sempre un singolo ingranaggio di riduzione per trasmettere il moto al differenziale e alle ruote. In alcuni casi, alcune elettriche, perlopiù sportive, offrono un cambio a due marce, con il secondo rapporto progettato per essere utilizzato (fa tutto l’elettronica) a partire da certe velocità, solitamente oltre i 130 km/h. È una soluzione pensata per sviluppare elevate velocità massime e migliorare l’efficienza, poiché permette al rotore di girare a regimi un po’ più bassi, consumando meno energia.
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