Come sono andate le elezioni europee?

Alla fine, i partiti storici, più centristi, saranno sempre alla guida dell'Unione. E se la destra, come ci si aspettava, ha aumentato i suoi consensi, non ha avuto quel trionfo paventato, rallentato da un'avanzata anche dei partiti più a sinistra, che segnano una spaccatura tra i paesi del Nord Europa e quelli del Centro-sud.
In Italia sono state le meno partecipate di sempre, ma queste elezioni europee erano molto sentite in tutta Europa. E se da una parte hanno confermato alcune aspettative, dall’altra hanno sorpreso.
Difficile ancora capire cosa succederà ai piani per l’automotive, ma dal momento che la maggioranza dei voti sono stati presi dai partiti già al governo, difficilmente vedremo clamorosi ripensamenti o cambiamenti. Al massimo qualche compromesso, visti i timori della Germania già espressi dal governo Scholtz e portati ancor più avanti dai partiti tedeschi di destra e ultra-destra che alle europee hanno trionfato.
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L’EUROPA SI SPACCA TRA SCANDINAVIA E IL RESTO
Diciamolo subito: non è stato un trionfo dell’estrema destra come ci si aspettava. Certamente i partiti di questo stampo hanno guadagnato numerosi consensi in più rispetto al passato, ma non in maniera così radicale come auspicato, e non da avere numeri grossi in parlamento. Più peso politico, sì, questo è certo, che andrà a influire sull’operato di PPE, PSE e Renew Europe, i tre partiti che mantengono la loro maggioranza.
Dei tre grandi dell’UE, l’Italia è quella che appare più coesa e moderata, caso più unico che raro. Da noi, le elezioni hanno aumentato da una parte il consenso di Fratelli d’Italia, passato dal 25 a quasi il 29% in un anno e mezzo di governo.
Meloni potrà quindi così avere un ruolo chiave nella scelta dei nuovi rappresentanti, e quindi nella definizione delle politiche europee, potendo contare su un maggior peso anche per quanto alcune direzioni industriali da prendere. E sappiamo che FDI, come Lega, non hanno mai sposato la causa del Fit For 55.
Dall’altra, cresce anche l’opposizione, con il PD che ottiene il suo miglior risultato dal 2014, mentre tutti gli altri partiti non raggiungono il 10%. Il risultato del PD è chiave per il PSE europeo, che può ancora contare su diversi rappresentanti di uno dei paesi chiave (e più grandi) dell’UE.
Al contrario, in Francia il Rassemblement Nationale di Marine Le Pen doppia il partito di Macron, che scioglie l’Assemblea. E in Germania è trionfo di Alternative für Deutschland, partito di estrema destra tra l’altro con visioni opposte a Le Pen. La prima spinge, come la Francia in generale, per i dazi contro le auto cinesi. I secondi, per tutela dell’industria tedesca, non li vogliono. Ma il centrodestra batte anche Sanchez in Spagna, e l’estrema destra trionfa in Grecia, mentre è seconda nei Paesi Bassi.

Unica in controtendenza, la Scandinavia. In Svezia i Socialdemocratici si mantengono saldi come primi per preferenze, seguiti dai Moderati (il partito di maggioranza al governo), mentre quelli che venivano dati per favoriti, i Democratici Svedesi (altro partito di estrema destra, alleato di Meloni) hanno perso consensi.
In Danimarca è risultato storico. In un paese dove anche la destra spinge per il Fit For 55 e l’elettrificazione del parco auto, la destra cala, mentre i Socialdemocratici per la prima volta da anni non sono il primo partito, venendo superati da SF (i socialisti).
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IL DIBATTITO TRA DAZI ED E-FUEL
Come avevamo anticipato, difficile che ci siano stravolgimenti. Certo è che l’avanzata della destra nei principali paesi europei, quelli che hanno più seggi, sicuramente riporterà in prima linea anche il dibattito sul Fit For 55 e sul 2035. E sui dazi contro le auto cinesi.
L’indagine avviata lo scorso autunno è quasi volta al termine, ma per i dazi si è deciso di aspettare il risultato delle elezioni europee, in quanto misura che spacca molto i paesi coinvolti. A partire dalla Germania, che non li vuole: nelle scorse ore lo stesso cancelliere Scholtz si è espresso contro questa eventualità, definendola dannosa per l’industria europea. Che, nel suo caso, vuole dire quella tedesca. Ma anche la Svezia ha dei conflitti d’interesse su queste misure, visto che Volvo e Polestar sono di Geely, L’ex Saab oggi NEVS è di Evergrande (sempre cinese), e che quindi producono auto in Cina.
Così come sempre la Germania, nonché l’Italia, spinge sugli e-fuel come seconda alternativa a quella elettrica. Questi carburanti, insieme ai biocarburanti di cui l’Italia è leader, sono da tempo visti come soluzioni green dai loro sostenitori, ma non ancora considerati. E saranno proprio queste, molto probabilmente, con cui la “coalizione Ursula” (anche se non è certo che ci sia ancora lei alla guida) dovrà fare i conti in temi di mobilità.
E d’altro canto, dovrà fare i conti con richieste di trasporto pubblico integrato sempre maggiori, stavolta dalla sinistra. I citati SF danesi ne hanno fatto uno dei loro cavalli di battaglia, quello di rendere il trasporto specialmente su rotaia più efficiente tra tutti i paesi europei. Oltre che integrato. Ma la mobilità accessibile, non necessariamente su gomma, è portata avanti un po’ da tutti i partiti di centrosinistra, anche il PD.
E sarà quindi interessante vedere uno “scontro” interno alla maggioranza, PPE e PSE, che da una parte dovrà fare gli interessi di una delle industrie più importanti in Europa, e dall’altra ha intenzione di continuare i suoi progetti di espansione dell’infrastruttura.
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