Emissioni CO2 in Europa: PSA il gruppo più virtuoso, Jaguar-Land Rover il più multato
Dal 2020, sono partite, in Europa, multe salatissime per tutti i gruppi automobilistici che sforano i limiti di emissioni imposte dalla Commissione. Una manovra che mette alle strette i marchi, i quali sono stati tutti multati. Anche se non tutti con la stessa intensità.
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Il 2020 è stato un anno economicamente drastico per le case automobilistiche. Alle innumerevoli perdite dovute alla pandemia di COVID-19, infatti, si aggiungono anche le multe europee per le emissioni di CO2, che l’Unione ha introdotto proprio a partire dal 1 Gennaio 2020.
L’anno che si è appena concluso, infatti, è stato il primo della fortissima spinta europea verso un’economia carbon neutral, che metterà sempre più alle strette i costruttori automobilistici. Nel 2020, infatti, il tetto massimo sulle emissioni tollerate è di 95 g/km, ma nei prossimi anni è destinato a scendere.
Le case automobilistiche che non sono riuscite a rimanere entro i parametri stabiliti, hanno dovuto pagare delle multe. Multe che sono toccate naturalmente a tutte, con però spese molto diverse. Jato, l’istituto britannico per le statistiche automotive, ha reso pubblico il suo punto della situazione riguardante la fine di ottobre: un panorama estremamente diversificato.
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IL COSTO DELLE MULTE PER LE EMISSIONI DI CO2
Sia chiaro: si tratta di multe salatissime, e a nulla sono valse le richieste dei costruttori automobilistici di posticipare l’inizio di questi provvedimenti a causa delle difficoltà per la pandemia di COVID-19.
Il peso di queste sanzioni è molto importante, se consideriamo che in alcuni casi le aziende sono dovute correre ai ripari rimuovendo dai listini alcuni modelli, spesso anche particolarmente profittevoli e che, in qualche caso, ricompariranno nel 2021 proposti come altre categorie di veicoli.
La questione è, comunque, particolarmente spinosa: la Commissione, infatti, impone alle aziende di versare 95 euro per ogni grammo/km che eccede il limite di 95 g/km. Questo importo, poi, deve essere moltiplicato per il numero di veicoli immatricolati nel corso del 2020.
Già da questo 2021 appena iniziato, però, le cose cambiano. Infatti nel 2020, nella determinazione del tetto delle emissioni medie di un gruppo, l’Europa ha tenuto conto del 95% delle auto vendute. Nel 2021, invece, si terrà conto del 100% delle auto. Nel 2025, poi, la soglia di tolleranza delle emissioni si abbasserà del 15%, e nel 2030 del 37.5%.
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PARAMETRI DIVERSI PER TIPO DI CARBURANTE, E PER TIPO DI AUTO
L’Europa ha pensato a tutto e, infatti, prevede regole diverse a seconda non solo del tipo di carburante ma anche del tipo di vettura.
Le auto compatte e leggere, in particolare, sono quelle con gli obiettivi più stringenti, perché più vendute e, soprattutto, perché sono quelle che maggiormente circolano nelle metropoli europee.
Da qui i produttori hanno optato per due diverse soluzioni: o togliere dai listini le auto più piccole (PSA e Volkswagen); o, invece, di rendere compatte e ultracompatte totalmente elettriche, come nel caso di Fiat, che ha presentato la 500 completamente elettrica; e di Renault, che ha reso la Twingo completamente a 0 emissioni.
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I SUPERCREDITI E LE DEROGHE
Per favorire la produzione di auto a basse emissioni (sotto i 50 g/km, quindi ibride plug-in ed elettriche), il regolamento prevede dei supercrediti. Nel 2020, le auto che hanno consumi dichiarati sotto quella soglia sono contate due volte, ma il moltiplicatore scenderà a 1,67 nel 2021 e a 1,33 nel 2022, fino a sparire dal 2023.
Per essere agevolato, ogni costruttore può chiedere che si tenga anche conto dei risparmi di CO2 per merito dell’uso di nuove tecnologie, a patto che questi risparmi si possano verificare.
Inoltre, le varie aziende, per rispettare le severissime normative europee, posso fare degli accordi. In particolare, l’Europa concede la creazione di gruppi provvisori che sviluppino e investano insieme nelle auto a basse emissioni, purché però tali raggruppamenti non esistano per più di 5 anni.Questi accordi si sono già visti: FCA, per esempio, ha versato, secondo le stime, 1,8 miliardi di dollari a Tesla in modo da ottenere crediti per avvicinarsi al limite UE.
Ancora, l’Unione ha concesso un’unica deroga, e che riguarda esclusivamente i brand che producono meno di 10.000 automobili all’anno. Queste aziende possono presentare domanda di deroga, a patto che siano in grado di dimostrare delle condizioni specifiche.
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EMISSIONI DI CO2: I GRUPPI PIÚ VIRTUOSI
Si diceva che ogni costruttore – a parte chi, come Tesla, produce solamente auto elettriche – ha dovuto pagare pesanti sanzioni. Tuttavia, non tutti i costruttori allo stesso modo. La classifica che ne è uscita può sorprendere alcuni, e vede gruppi che, nonostante l’impegno e la transizione verso l’elettrico, occupano posizioni più basse delle aspettative.
Questo perché gli stessi motori termici, a diesel o a benzina, non hanno tutti la stessa efficienza. Alcuni marchi, infatti, sono particolarmente noti per produrre dei motori “tradizionali” molto virtuosi, con consumi spesso inferiori a quelli di auto elettrificate. Altri, invece, pagano una potenza eccessiva delle vetture, cosa che influisce sui consumi, e forse anche poca ottimizzazione.
Ecco la classifica che ne è emersa:
- PSA
- Toyota
- Renault-Nissan-Mitsubishi
- Hyundai-Kia
- Suzuki
- FCA
- Geely (Volvo, Polestar, Lotus)
- Ford
- Volkswagen
- BMW
- Daimler
- Tata Motors (Jaguar-Land Rover)
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PSA E TOYOTA I GRUPPI PIÚ VIRTUOSI
PSA è il gruppo che, in assoluto, ha pagato meno sanzioni di tutti, con una media di 97,9 g/km. Un risultato ottenuto senza i supercrediti – ovvero il premio che l’Europa concede ai costruttori che producono auto a bassi consumi, destinato a sparire dopo il 2023 – e senza i vantaggi graduali. Includendo anche questi due fattori, invece, i livelli di PSA scendono a 91,9 g/km.
Per PSA, il 57% delle vendite è rappresentato dalle city-car e dai piccoli SUV (C3, 208 e 2008 su tutti), mentre grandi numeri si sono visti anche per le ibride plug-in e per le elettriche: 88.800 unità vendute da gennaio a ottobre 2020.
Bene anche Toyota, che gode di una gamma totalmente elettrificata sia per il marchio Toyota che per Lexus, e che vede anche alcune vetture ibride plug-in, come la Prius e, più di recente la RAV 4 PHEV. Terzo posto per il gruppo Renault (che include Nissan e Mitsubishi): i brand appartenenti al colosso franco-nipponico, infatti, da anni sono impegnati nell’elettrificazione della gamma.
I risultati peggiori li ottengono i marchi più prestigiosi, da Volkswagen fino Daimler e BMW. Nonostante tutti e 3 i brand tedeschi siano impegnati da anni nell’elettrificazione, bisogna considerare che sono anche i marchi che vedono automobili molto potenti, che inevitabilmente hanno consumi elevati; o di rappresentanza, che hanno ancora come motorizzazione preferita il diesel.
Un discorso analogo si può fare per il gruppo indiano Tata Motors. Lasciando perdere il marchio Tata, che in Europa ha bassi volumi di vendita, per Jaguar e Land Rover si può fare lo stesso discorso dei marchi tedeschi: auto grandi e potenti, spesso scelte con il diesel, che quindi penalizzano il gruppo.
L’Europa, comunque, parla chiaro: per continuare a operare nel continente europeo, e a vendere, i costruttori automobilistici devono varare verso l’elettrico e la mobilità sostenibile. Un altro tassello che, da qui al 2030, cambierà in maniera radicale tutto il panorama automotive e lo stesso concetto di guida.
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