L’era della micromobilità è finita?
Bird ha dichiarato bancarotta nelle scorse settimane, ed era la società più grande del suo settore. Un fatto che, insieme al ban dei monopattini in diverse città, sembra decretare la fine della micromobilità, quantomeno quella condivisa
In questo articolo
Sembra che l’era della micromobilità, solo due anni fa considerata il futuro con un (nuovo) exploit dei monopattini elettrici, sia finita. E ci sono diversi fattori a dirlo.
Da una parte, misure sempre più severe delle città: Parigi non ce l’ha solo con i SUV, ma prima di loro ha bandito i monopattini in sharing come già Copenhagen nel 2020. Dall’altra, il fallimento quasi a sorpresa del principale operatore del settore. Capiamone di più.
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LE CONTROVERSIE SUI MONOPATTINI IN SHARING
Secondo molti, i monopattini elettrici rappresentano una delle invenzioni più innovative nel campo della mobilità degli ultimi anni. E lo dimostra il fatto che, in breve tempo, sono diventati un mezzo di trasporto molto popolare in tutto il mondo, grazie alla loro praticità, relativa economicità ed ecocompatibilità.
Consentono di percorrere distanze brevi, urbane, in maniera efficiente, evitando l’uso dell’auto. Eppure, il loro utilizzo sta diventando sempre più controverso, attirando critiche nelle aree urbane.
Le prime sono relative alla sicurezza. L’aumento dell’uso di questi veicoli ha sollevato preoccupazioni sulla sicurezza di pedoni e ciclisti, con un aumento effettivo degli incidenti dal loro lancio. Ciò si deve a una mancata regolamentazione unita alla guida spesso negligente, con veicoli che circolano sui marciapiedi, a velocità eccessive o con manovre pericolose che hanno portato ad incidenti, alcuni dei quali fatali.
Ricordiamo per esempio l’episodio di Sesto San Giovanni (MI): in quel caso però il monopattino era privato, e addirittura modificato illegalmente. Oppure a Londra dove, nel luglio 2022, una famosa conduttrice televisiva britannica è morta a 35 anni mentre guidava uno scooter elettrico, col tutto che nel Regno Unito non siano mai stati autorizzati ufficialmente.
La sua morte ha riportato all’attenzione la controversia su questi veicoli. Nel Regno Unito, sebbene siano sempre più comuni, non sono mai stati autorizzati ufficialmente. Nonostante ciò, la polizia mostra tolleranza se gli utenti indossano un casco e guidano a bassa velocità.
Anche a Roma, a seguito di ripetuti incidenti, sono state introdotte nuove regole per questi veicoli. La velocità dei monopatini è stata limitata a un massimo di 20 km/h e 6 km/h nelle aree pedonali. Inoltre, il loro uso è ora limitato a coloro che hanno compiuto 18 anni, e il numero di operatori in città è stato ridotto da 7 a soli 3.
A Copenhagen sono rimasti solo Tier e Lime, e non possono circolare né sostare nelle aree centrali e più pedonali già dal 2021. A Madrid, invece, le persone con meno di 15 anni possono usarli solo se accompagnati, con limite di velocità a 30 km/h e casco per chi ha meno di 16 anni. Inoltre, la Capitale spagnola ha vietato di circolare su corsie riservate ai bus e sui marciapiedi.
C’è anche chi li ha vietati in toto, e Parigi non è la prima. Ad esempio Montreal, in Canada, a causa del mancato rispetto degli utenti per le regole. O New York e altre città statunitensi, che impedirono addirittura l’accesso dei monopattini in sharing. San Francisco li ha banditi nel dicembre 2018, seguita l’anno successivo da Los Angeles, che li ha vietati sui marciapiedi.
In Europa, anche Barcellona e Valencia hanno vietato i monopattini in sharing: la capitale catalana già dal 2017, a seguito dell’incremento del turismo.
Ad Amsterdam, agli utenti dei monopattini elettrici è vietato circolare sulle piste ciclabili. Il governo locale ha vietato questa pratica per motivi di sicurezza e ambientali. Tuttavia, i monopattini possono essere noleggiati per un uso occasionale e gli utenti devono parcheggiarli in uno dei centri di mobilità della città.
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IL CAOS
L’altra controversia è per il disordine pubblico. Sappiamo benissimo che i monopattini elettrici in sharing vengono abbandonati sui marciapiedi, sulle piste ciclabili e in altri luoghi pubblici, ostacolando la circolazione dei pedoni e delle persone con mobilità ridotta.
Inoltre, gli operatori di questi servizi faticano a mantenere il controllo su come gli scooter vengono utilizzati e parcheggiati, portando spesso al caos per le strade. Tuttavia, alcuni operatori, come Bolt, Tier Mobility o Lime, hanno dotato i loro monopattini di dispositivi GPS, obbligando gli utenti a parcheggiarli negli spazi designati, ma non è bastato.
Il crescente numero di scooter elettrici nelle città rende difficile gestirli e monitorarli. Gli operatori spesso faticano a tracciare la loro posizione in tempo reale, consentendo ad alcuni utenti di lasciare gli scooter ovunque, senza rispettare le aree di parcheggio designate. A Parigi, alcuni veicoli elettrici sono stati persino trovati nella Senna, così come a Milano venivano gettati nei Navigli e a Copenhagen nei laghi di Nørrebro.
Altre città europee hanno recentemente adottato misure più drastiche. È il caso di Lisbona, che ha istituito zone senza parcheggio dal 1 luglio. Gli operatori sono passibili di una multa da 60 a 300 euro per ogni dispositivo lasciato sul marciapiede.
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IL FALLIMENTO DI BIRD
Va da sé che, con ogni città del mondo che bandisce o rende sconveniente il loro utilizzo, le società di monopattini si siano avviate al tramonto a causa delle perdite generate. Solo con il ban di Parigi, Lime, Dott e Tier hanno perso quasi 60 milioni di euro in un anno, pari al 5% del fatturato globale di Lime.
Questo ha per esempio costretto Dott e Tier a unirsi tra loro, mentre Lime ha alzato enormemente i prezzi e creato delle aree di utilizzo e parcheggio (eliminando il Free floating). Bird, invece, ha dichiarato bancarotta sul finire del 2023. E dire che a inizio anno era la società del suo settore dal più alto valore al mondo.
A differenza delle altre, però, Bird risente anche di scelte interne poco sensate. Nel 2018 valeva 2 miliardi di dollari, ma con il Covid ha iniziato un periodo di declino che non è mai finito tanto da essere espulsa dalla Borsa di New York nel 2023 per non essere riuscita a mantenere la sua capitalizzazione di mercato di 15 miliardi di dollari e, infine, al fallimento con il ricorso al Chapter 1.
Fin dall’inizio, Bird ha esternalizzato tutti gli aspetti logistici a imprese appaltatrici che si sarebbero occupate di questioni come monopattini elettrici rubati o maltrattati. Inizialmente, sembrava funzionare, ma quando Bird ha deciso di ridurre i pagamenti alle imprese appaltatrici, le cose sono peggiorate.
Un altro problema era Bird Two. Il nuovo modello ha sostituito il freno meccanico con uno idraulico, ma per i veicoli lasciati all’aperto, questa soluzione era difettosa perché in inverno, pinze e maniglie si congelavano, riducendo l’efficacia dei freni. Di nuovo, un problema di sicurezza.
In estate, quando venivano utilizzati troppo, tendevano a consumarsi. Anche il terzo modello comprometteva la sicurezza, nonostante avesse un freno posteriore idraulico e uno anteriore meccanico. Di conseguenza, con monopattini costantemente guasti combinati con una domanda ridotta e decisioni delle amministrazioni europee, Bird è crollata.
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IL FUTURO DELLO SHARING
Lo sharing sembra sempre più destinato a bici e automobili, più facili da controllare.
Le nuove regole introdotte in Italia legate a targhe e caschi di certo non aiuteranno la diffusione, prima resa semplice proprio dalla velocità di iscrizione e di utilizzo. Non tutte le aziende falliranno, ma sicuramente l’epoca d’oro, e anche la più caotica, di questo modo di spostarsi può dirsi conclusa.
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