Il vero rischio delle auto elettriche? I furti di cavi di ricarica: ecco cosa contengono

Ad interessare i ladri non sono i cavi di ricarica in sé, ma il rame contenuto al loro interno. I connettori vengono tagliati per rubare il prezioso materiale che contengono: nella Capitale sono in aumento i casi.
Da qualche mese, le colonnine per la ricarica delle auto elettriche a Roma fanno gola ai ladri: tra febbraio e marzo sono state oltre 200 le stazioni (soprattutto quelle per la ricarica rapida) danneggiate. Ma non è per ricaricare la propria auto, né per rivendete i connettori, o perché “infastiditi” dalle auto elettriche, che i ladri hanno preso di mira i proprietari di vetture alla spina. Bensì, per il prezioso materiale contenuto all’interno dei cavi: il rame.
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7 chili di rame per ogni cavo in corrente continua
Per i cavi in corrente continua, quelli cioè ad alta potenza che sono già “compresi” nella colonnina di ricarica per intenderci, il quantitativo di rame è effettivamente piuttosto alto: si arriva a circa 7 chili, in cinque corde con una sezione di 50 mm quadrati.
Se si considera che un chilo di rame viene rivenduto a poco meno di 10 euro, il guadagno per i malviventi è presto fatto. Secondo le aziende proprietarie delle stazioni di ricarica colpite dietro i danneggiamenti e furti ci potrebbe essere la criminalità organizzata.
Ma non c’è pericolo nel rubare il rame di questi cavi? Assolutamente no (sfortunatamente verrebbe da dire), perché non sono elettrificati quando non utilizzati.
I primi furti risalgono in realtà alla fine del 2024, ma sono aumentati in modo esponenziale provocando gravi perdite alle aziende che forniscono il servizio, ma soprattutto agli automobilisti che sul servizio dei punti di ricarica pubblici fanno affidamento. Anche perché, come detto, al centro dei furti ci sono le colonnine a ricarica rapita, già rare.
Quelle per la ricarica lenta sono ancora “immuni” al fenomeno, dal momento che vengono usate con i cavi personali, più piccoli e meno ricchi di rame e per i quali, chiaramente, il gioco non vale la candela poiché utilizzano i cavi personali degli utenti, contenenti una quantità di rame non sufficiente a giustificare il furto e oltretutto “esposti” solo al momento della ricarica, quindi elettrificati.
Per risolvere la situazione alcune aziende stanno pensando di adottare dispositivi dissuasori simili a quelli utilizzati per i bancomat: una volta forzati, infatti, attivano una carica di inchiostro che rende riconoscibile il bottino, ma anche il ladro.
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