Auto elettrica: il riciclo delle batterie è fondamentale (non solo per l’ambiente)

L'auto elettrica si muove grazie a un potente pacco batteria, che però non è certo eterno. Quando esaurisce la sua funzione può essere riutilizzato in vari ambiti, ma il suo destino ultimo è il riciclo, indispensabile in una filiera virtuosa.
In questo articolo
Che cosa succede alla batteria di un’auto elettrica quando arriva a fine vita? Il suo corretto riciclo è indispensabile, non solo per una questione ambientale ma per attivare una filiera virtuosa (possibilmente italiana ed europea) che permetta di recuperare e riutilizzare i materiali rari che si trovano al suo interno.
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IL CICLO DI VITA DI UNA BATTERIA
Le batterie dell’auto elettrica sono soggette a una progressiva degradazione, che porta a una riduzione dell’autonomia reale del veicolo. Per questo molte Case auto propongono una garanzia e la loro sostituzione.
La degradazione delle batterie non dipende né dal tempo né – strettamente – dai chilometri percorsi, ma dalla stessa ricarica: ogni volta che la batteria viene ricaricata si modifica la sua struttura cristallina, e questo significa indebolirla. Per questo una macchina con una batteria più grande è meno soggetta alla degradazione della batteria rispetto a un’auto che ne monta una più piccola.
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Quando sostituirla?
Quando l’efficienza della batteria dell’auto elettrica scende al di sotto dell’80% è necessario sostituirla. Ciò accade mediamente dopo un periodo che va fra i 5 e gli 8 anni. Superato questo limite, le sue prestazioni non sono più considerate sufficienti per le necessità dei veicoli elettrici.
La seconda vita delle batterie
Una batteria che termina la capacità di alimentare il veicolo presenta una capacità di carica residua anche del 70 75%. Una volta che la batteria non è abbastanza performante per un’auto, si può comunque utilizzare “da fermo”, cioè come accumulatore di energia, in ambiti diversi da quello automotive.
Il second life può raddoppiare il ciclo di vita delle batterie, che quindi avrebbero una durata ventennale. Inoltre si innesca un “circolo virtuoso” perché le batterie usate in second life possono essere impiegate per le esigenze di accumulo delle energie rinnovabili.
Attenzione però: non si utilizza la batteria tale e quale, ma si riconfigura. Ciò vuol dire prendere i moduli contenenti le celle e riassemblarli.
COSA DICE LA NORMATIVA
Già ora la normativa sulla rottamazione prevede che l’autodemolitore si faccia carico della rimozione di quelle componenti che hanno la loro filiera per il riciclo, come gli olii, i vetri, le plastiche. La batteria non fa eccezione, e viene gestita separatamente.
La responsabilità è del car maker
È responsabilità del car maker gestire la batteria a fine vita; così come accade per la filiera dei Raee c’è una responsabilità estesa del produttore. Difficilmente il costruttore lo fa in proprio e per questo aderisce a sistemi di raccolta come Cobat. In Europa le modalità sono analoghe, il produttore si affida a un consorzio.
Tasso di riciclo crescente
L’attuale normativa europea è del 2006 è stabilisce che il tasso di recupero della batteria sia del 50%. La nuova normativa, attesa nel 2023, prevede target di riciclo crescenti nel tempo e stringenti. Ad esempio, il recupero di litio dovrà essere almeno del 35% entro il primo gennaio 2026, ma dovrà diventare del 70% entro il 2030. Così il recupero del cobalto e di altri metalli dovrà passare dal 90 al 95%.
IL RICICLO DELLE BATTERIE DELL’AUTO ELETTRICA
Quando la batteria è esausta va riciclata. Attivare la filiera del riciclo delle batterie al litio è vitale, soprattutto per risolvere il problema della dipendenza dai materiali. Come si fa con le batterie al piombo: nessuno prende il piombo dalle cave, ma dalle batterie esauste.
Recuperare materiali rari come cobalto, litio e nichel è indispensabile per produrre nuove batterie in modo più ecologico. L’obiettivo è raggiungere una percentuale di riciclo sopra il 95%.
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In Europa siamo indietro (anche) su questo punto e in Italia ancora nessuno è attivo nel riciclare le batterie dell’auto elettrica (anche per la diffusione ancora limitata di questi mezzi). Ora alcuni cominciano a pensarci: “Riciclare la batteria dell’auto elettrica a fine vita? Un po’ come gestire quella dei cellulari, ma più in grande”, semplifica Luigi De Rocchi di Cobat, piattaforma italiana che si occupa del riciclo di qualsiasi tipologia di rifiuto tecnologico.
“La batteria deve essere smontata per arrivare alle singole celle. Non può essere aperta come una scatola di cartone, ma secondo le indicazioni della casa madre. Gli impianti europei che fanno questa operazione sono concentrati soprattutto in Germania”, prosegue De Rocchi.
L’obiettivo è rendere l’Europa indipendente dai mercati asiatici per la produzione di nuove celle. “L’Europa ha forti pressioni per andare verso una mobilità sostenibile e ha il know-how per farlo, ma non ha le materie prime e non ha investito ancora abbastanza nelle batterie. Subisce una sudditanza, specie da Corea e Cina e l’elettrificazione rischia di rendere la dipendenza pesante”, spiega De Rocchi.
Quindi c’è una scelta politica molto forte nello spingere verso il riciclo delle batterie, che può generare indotto e determinare una riutilizzabilità delle materie prime.
Le tecnologie
Due le tecnologie possibili per “smontare” una batteria. In entrambi i casi lo scopo è recuperare la “black mass” da cui estrarre soprattutto cobalto, litio e nichel:
- Pirometallurgia: fusione della batteria e recupero dei materiali
- Idrometallurgia: trattamento chimico. Quest’ultima soluzione è la più efficace e meno energivora, ma sconta il problema della stabilità del litio che è particolarmente reattivo
Un riciclo efficiente permette di riottenere questi materiali per una nuova produzione di materiale catodico.
NORTHVOLT E LA PRIMA BATTERIA 100% RICICLATA
Che il riciclo sia possibile lo ha dimostrato Northvolt con la sua prima batteria con il 100% di nichel, manganese e cobalto riciclato. Realizzata nello stabilimento svedese di Västerås, darà il via a un piano per riciclare 125,000 tonnellate di batterie ogni anno. Le performance sono in tutto e per tutto alla pari di quelle realizzate con materiali appena estratti.
NEL 2023 RICICLO ITALIANO
In Italia non ci sono impianti per il riciclo delle batterie al litio, che quindi sono indirizzate in Germania, Francia, Belgio.
Attualmente i costi di trattamento e riciclo degli accumulatori al litio sono ancora troppo onerosi e incompatibili con le previsioni di diffusione di questa batteria. Ciò è dovuto al fatto che gli attuali impianti che trattano in Europa questa tipologia di accumulatore utilizzano tecnologie mutuate da altre linee di trattamento (generalmente di tipo pirometallurgico), a costi energetici molto alti, orientate alla massimizzazione del recupero soltanto dei metalli ad alto valore aggiunto (principalmente cobalto).
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Per questi motivi Cobat ha commissionato lo sviluppo di uno studio di fattibilità al CNR-ICCOM di Firenze per l’individuazione di una tecnologia di natura idro-metallurgica, che ne consenta il trattamento ed il riciclo a costi sostenibili (soprattutto di tipo energetico) e che massimizzi il recupero per precipitazione differenziata di litio, cobalto, nichel, ferro ed altri metalli presenti.
Nel 2020 Cobat ha ottenuto un brevetto europeo per il trattamento di batterie al litio con l’utilizzo di un processo chimico idrometallurgico che massimizza il recupero del litio; Cobat ha successivamente sottoscritto un accordo di sviluppo congiunto con un partner industriale e confida nel 2022 di chiudere i test e che l’Italia possa avere il suo primo impianto per il trattamento delle batterie al litio entro il 2023.
https://youtu.be/ADD2iPkNxv8
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