L’enorme sciopero dell’auto in USA: arriva l’accordo

Negli Stati Uniti è in atto il più grande sciopero dei lavoratori automotive mai registrato prima: fermi oltre 13mila operai negli stabilimenti di Ford, Stellantis e General Motors.
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Una cosa così non si era mai vista prima. Sono più di 47mila le coppie di braccia incrociate fuori dalle fabbriche: si tratta del più grande sciopero nella storia dell’automotive. A essere coinvolti sono i tre brand che, da soli, rappresentano quasi la metà della produzione di vetture nell’America del Nord. È iniziato negli Stati Uniti, allo scoccare della mezzanotte di giovedì 14 settembre e non sembrava intenzionato a finire presto. Adesso, però, arriva un primo accordo provvisorio, tra i sindacati e Ford.
LO SCIOPERO DELL’AUTO IN USA
A guidare la massiccia mobilitazione è Uaw – United Auto Workers, storico sindacato nato nel 1935 a Detroit che conta 400mila iscritti tra Stati Uniti, Porto Rico e Canada. L’unicità dello sciopero sta nel fatto che, per la prima volta nella storia, a essere chiamati a protestare sono, in contemporanea, i lavoratori di tutte e tre le più grandi industrie automobilistiche del Paese: Ford, General Motors e Stellantis, le cosiddette Bigh Three perché, da sole, producono il 40% delle vetture circolanti in Usa.
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L’Uaw è arrivata a un punto di stallo con i vertici dei tre giganti automotive, nell’ambito di una trattativa sindacale che puntava alla revisione dei contratti di lavoro collettivi. Non soddisfatte le richieste avanzate, il sindacato ha chiesto ai proprio iscritti di scendere in strada, in quello che viene definito Stand up strike. Gli operai non restano, cioè, all’interno dello stabilimento ma scendono in piazza, chiamando in aiuto i concittadini.
Inizialmente, si sono fermati i dipendenti dei grandi stabilimenti di General Motors a Wentzville in Missouri; di Ford Bronco nel Michigan e di Jeep Stellantis a Toledo in Ohio. In seguito, altri stabilimenti sono stati chiamati per offrire il loro contributo nella protesta. Le fabbriche non sono state scelte casualmente, si tratta degli impianti produttivi da cui escono i modelli di auto e camion più venduti dai brand: la GMC Canyon e la Colorado di General Motors; le Jeep Gladiator e Wrangler di Stellantis e le Ford Bronco e Ranger.
Le (inattese) richieste dei sindacati
“Profitti record equivalgono a contratti record” ha affermato Shawn Fain, il presidente dell’United Auto Workers. Le Big Three, nel complesso, hanno guadagnato 21 miliardi nel primo semestre del 2023 e 250 miliardi di dollari negli ultimi dieci anni. Tali immersi profitti, però, non sono stati investiti per migliorare la qualità della vita dei dipendenti. È questa la principale accusa rivolta alle case costruttrici da Uaw.
“Lavoriamo 60, 70, 80 ore a settimana solo per sbarcare il lunario. Questa non è vita. È ora di cambiare” si legge nel manifesto delle rivendicazioni sindacali. Condizioni lavorative cui si è arrivati nel 2008 quando, di fronte alla grande crisi industriale, sindacati e lavoratori avevano rinunciato ad alcune concessioni per permettere alle fabbriche di restare in piedi. Oggi, il contesto è cambiato ma i contratti no.
Ford, General Motors e Stellantis promettono aumenti salari del 10%, l’Uaw chiede:
- aumenti degli stipendi del 40% da raggiungersi in 4 anni
- adeguamento automatico dei salari all’inflazione
- parificazione del salario dei neoassunti
- settimana lavorativa di 4 giorni
- limitazioni al lavoro temporaneo (che non prevede benefici previdenziali)
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I primi accordi provvisori
Il sindacato UAW ha raggiunto un accordo provvisorio con Ford, per un aumento salariale del 25% nell’arco di 4 anni e mezzo, a cominciare da un aumento dell’11%, più ulteriori aumenti per i lavoratori a tempo determinato. Affinché l’accordo entri in vigore, dovrà essere approvato dal comitato dell’UAW e poi ratificato dagli iscritti al sindacato.
Stessi accordi sono raggiunti con Stellantis, che al sindacato ha proposto anche aumenti dei salari di oltre il 30% sulla base dell’aumentato costo della vita e la promessa di mantenere aperto l’impianto di motori a Trenton, in Michigan, e di produrre una nuova vettura nello stabilimenti in Illinois.
I lavoratori di Ford e Stellantis potrebbero dunque ben presto sciogliere i picchetti e tornare al lavoro ancora prima dell’approvazione dei patti da parte degli iscritti al sindacato. Resta ancora aperta, invece, la questione con General Motors che, al momento, non ha raggiunto ancora alcun accordo con gli operai in sciopero.
Gli effetti dello sciopero sul mercato auto
Secondo le stime di Anderson Economic Group, 10 giorni di sciopero totale costerebbero alle Big Three circa un miliardo di dollari, 900 milioni di lavoratori e un colpo di oltre 5 miliardi per l’economia nazionale. Se il blocco dei dipendenti auto dovesse proseguire, inoltre, potrebbe scatenare una reazione a catena fino a blocchi delle catene di fornitura del settore e aumento dei prezzi delle vetture.
La situazione è così rischiosa da richiedere l’intervento dello stesso presidente Biden (la cui chiamata alle parti della Big Three avvenuta prima dello scadere dei contratti non ha avuto alcun effetto): “Nessuno vuole uno sciopero, ma i profitti record delle case automobilistiche non sono stati condivisi equamente e i lavoratori meritano la loro giusta parte”. Biden teme che il mancato appoggio alla working class e un ulteriore inasprimento delle condizioni economiche gli costino la rielezione.
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