Geely, SAIC e BYD i primi cinesi nel mirino dell’UE
L'indagine contro il dumping di stato sulle auto cinesi voluta dall'UE è in corso, alla sua prima fase di verifica: le prime nel mirino sono Geely, BYD e SAIC. E Pechino risponde a sua volta con un'altra indagine su prodotti europei
In questo articolo
Ursula Von Der Leyen l’aveva annunciata in occasione del suo ultimo discorso sullo Stato dell’Unione, e ora è iniziata. Parliamo dell’indagine sul dumping di Stato nei confronti dei costruttori cinesi, e i primi a finire nel mirino sono BYD, leader mondiale di veicoli elettrici; Geely, proprietaria di Volvo, Polestar, Lynk & Co, Lotus, Smart e Zeekr; e SAIC, proprietaria di MG Motors.
L’indagine, iniziata a ottobre e prevista per durare 13 mesi, sta esaminando se i sussidi statali stiano conferendo un vantaggio ingiusto ai veicoli elettrici prodotti in Cina.
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LA FASE INIZIALE DELL’INDAGINE
Siamo nella fase iniziale dell’indagine, che secondo l’UE durerà fino ad aprile 2024. In questo caso, gli incaricati delle verifiche faranno visita alle sedi dei tre costruttori e degli altri cinesi nel mirino, andando direttamente in Cina.
Tali visite sono finalizzate al lavoro di ispezione in loco e verificare che quanto dichiarato dalle case automobilistiche (ovvero che non ricevono nessuna agevolazione), sia vero.
Tra loro ci sarà anche Great Wall Motors, che proprio negli ultimi mesi del 2023 ha ridefinito la sua strategia per l’Europa e che è stato il primo costruttore a rispondere all’annuncio dell’indagine, affermando di voler collaborare.
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LA CINA AL CONTRATTACCO
Ovviamente, la Cina non l’ha presa bene: il giorno dopo l’annuncio, il governo di Pechino ha definito l’indagine “una misura protezionistica”, e da quel momento le già tese relazioni tra Bruxelles e la Repubblica Popolare si sono fatte ancora più complicate.
Relazioni tese, come sappiamo, per la guerra in Ucraina, che ha invece rafforzato i legami tra Pechino e Mosca. Nonché per il ban cinese sull’export delle terre rare, di cui detiene una fetta importantissima di mercato.
Oltre a questo, la Cina ha nell’ultima settimana avviato a sua volta un’indagine antidumping sul brandy importato dall’UE, mossa volta a colpire principalmente la Francia, principale sostenitrice di quest’indagine.
Come sappiamo, la misura è volta a ridurre la dipendenza dalla Cina per materiali e prodotti utili alla sua transizione verde, ma anche per contrastare l’espansione sempre più aggressiva dei costruttori orientali, molti dei quali hanno reso le vendite in Europa “una priorità”, per sfuggire alla concorrenza interna.
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CONTROVERSIE
La Commissione Europea, il ministero del commercio cinese, BYD e SAIC non hanno risposto immediatamente alle richieste di commento. Geely ha rifiutato di commentare, ma ha citato la sua dichiarazione di ottobre affermando che l’azienda rispetta tutte le leggi e sostiene la concorrenza leale a livello globale.
Del resto, colpendo Geely, è una misura che colpisce anche alcuni storici costruttori europei, come ad esempio Volvo: l’azienda svedese produce per lo più in Europa e USA, ma la EX90 e soprattutto la piccola EX30 sono inizialmente prodotte in Cina, anche se dal 2025 ci sarà anche una produzione europea del B-SUV destinato a far parlare molto di sé.
Inoltre, nonostante inizialmente avesse affermato diversamente, l’indagine non sembra riguardare i costruttori europei/occidentali che però costruiscono anche in Cina, tramite joint venture, come quelli tedeschi: la cosa potrebbe far contenta la Germania (che si era opposta), ma ciò non esclude a priori l’esistenza di agevolazioni anche per quelle auto.
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