Carburanti: esiste una vera alternativa “zero emissioni” all’elettrico?

Le auto elettriche faticano a imporsi e l’attenzione si sposta sui carburanti green. Non come “sostituti” ma come strada alternativa e parallela agli EV, con l’obiettivo comune della decarbonizzazione.
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Sul fronte europeo, permane il bando alla vendita di nuove auto a motore endotermico dal 2035 in poi.
Il Governo italiano sta cercando di creare consenso intorno ad una proposta che preveda già prima del 2026 una revisione di questo bando, introducendo la possibilità di mantenere in commercio veicoli alimentati da biocarburanti, oltre che da e-fuels.
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Una strada alternativa all’elettrico, visto anche che le vendite di auto elettriche continuano a contrarsi in Europa e a destare preoccupazione nell’industria automotive.
CAMBIARE CARBURANTE INVECE CHE CAMBIARE MOTORE
“È necessario superare gli schematismi e le contrapposizioni identitarie: il punto non è auto elettrica o auto endotermica, ma auto elettrica e auto endotermica”, sostiene Gianni Murano, Presidente UNEM (Unione Energie per la Mobilità) associazione che rappresenta le principali aziende che operano in Italia nell’ambito della raffinazione, dello stoccaggio e della distribuzione di prodotti petroliferi e di prodotti energetici low carbon.
“Considerata l’attuale composizione del parco circolante e le tendenze recenti del mercato, per riuscire a traguardare la neutralità delle emissioni di carbonio (net zero emission) in tutte le modalità di trasporto al 2050 occorrerà rendere i motori a combustione interna (ICE) carbon neutral e ciò sarà possibile solo azzerando la carbon intensity dei combustibili liquidi che inevitabilmente li alimenteranno” – prosegue Murano.
Da questo punto di vista i low carbon fuels determinano nel loro ciclo di vita un taglio della CO2 che varia in funzione della materia prima utilizzata e che va da un minimo del 60% ad oltre il 90% per i biocarburanti avanzati e per gli e-fuels. La letteratura è ricca di studi che lo dimostrano. Un ulteriore vantaggio è che richiedono limitati adeguamenti infrastrutturali al sistema logistico-distributivo”.
Insomma, il punto è chiaro: cambiare carburante invece che cambiare motore, per chi non si convertirà all’elettrico. Ma sarà fattibile?
E-fuel: teoricamente possibili, praticamente introvabili
Gli e-fuel sono al momento l’unica alternativa ammessa all’elettrico per le auto vendute in Europa dopo il 2035 perché giudicati a zero emissioni.
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Gli e-fuel non sono fonti energetiche primarie, ma secondarie perché vengono prodotti utilizzando l’anidride carbonica o il monossido di carbonio presenti nell’aria e l’idrogeno, ottenuto attraverso l’elettrolisi dell’acqua mediante fonti di energia elettrica rinnovabile.
Quindi, la fonte primaria rimane l’energia elettrica, da cui il nome e-fuel (electrofuel).
Gli e-fuel sono sia liquidi sia gassosi (possiamo ottenere e-benzina, e-Diesel, e-metano…). Questi carburanti hanno il vantaggio di:
- essere compatibili con i tradizionali motori endotermici
- non vengono miscelati (come accade spesso con i biocarburanti)
- non richiedono la modifica degli impianti o delle infrastrutture di distribuzione
I costi di produzione, però, sono ancora molto alti, gli stabilimenti produttivi sono pochi e non sono attualmente disponibili nei distributori stradali.
Biocarburanti: bene, benissimo, ma solo fino al 2035
I biocarburanti sono combustibili ottenuti in modo indiretto dalle biomasse, quelli convenzionali da biomasse alimentari (mais, colza, canna da zucchero) e quelli avanzati a partire da prodotti non alimentari (rifiuti organici, biomasse provenienti dalla lavorazione dei prodotti forestali, gestione del bosco o del verde, residui di colture agricole, scarti lattiero-caseari…).
Il loro utilizzo riduce in modo sensibile le emissioni di CO2 allo scarico ma non le azzera, per questo non saranno più ammessi dopo il 2035.
Il loro utilizzo per l’autotrazione è una realtà consolidata. Da anni, tutti i carburanti venduti in Italia contengono una quota di biocarburanti miscelata al combustibile fossile.
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Inoltre, i carburanti sostenibili per aerei, conosciuti con il nome di Saf, sono la strategia scelta dall’Europa per decarbonizzare il settore dell’aviazione.
I biocarburanti si possono usare anche in purezza. ENI ha introdotto HVOlution, biocarburante prodotto da materie prime di scarto e residui vegetali, e da olii generati da colture non in competizione con la filiera alimentare e lo utilizza nelle attuali infrastrutture.
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Spiega Murano: “Il biodiesel è un prodotto che già usiamo miscelato fino al 7% con il gasolio che troviamo su tutti i punti vendita (questo indica l’etichetta B7 che c’è sugli erogatori) e che può essere utilizzato in tutte le auto, anche le più vecchie. L’HVO è invece un prodotto che ha le stesse caratteristiche del gasolio e che quindi può essere usato finanche in purezza anch’esso in tutte le auto”.
Le direttive sui biocarburanti
I biocarburanti sono soggetti a specifici obblighi comunitari con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra derivanti dai combustibili fossili.
A tal fine, negli anni sono state emanate diverse Direttive che hanno imposto un obbligo di miscelazione di biocarburanti ai carburanti autotrazione con percentuali via via crescenti.
Si è iniziato nel 2009 con la prima Renewable Energy Direcitive (RED I) che imponeva che entro il 2020 venisse impiegato almeno il 10% di energia da fonti rinnovabili in tutte le forme di trasporto su strada.
A questa sono seguiti due aggiornamenti, nel 2018 (RED II) e nel 2023 (RED III, parte del pacchetto “Fit for 55”).
In particolare, la “RED III” prevede entro il 2030:
- una quota minima di energia rinnovabile nei trasporti al 29% oppure, in alternativa, un abbattimento della carbon intensity dei fuels del 14,5%.
- Target del 5,5% minimo per i biocarburanti avanzati, di cui un 1% minimo di carburanti sintetici (RFNBO) che al momento sono gli unici che l’Europa considera utilizzabili post-2035
“È evidente che per raggiungere l’obiettivo del 29% al 2030 i soli carburanti sintetici non basteranno – anche perché a quella data ancora non ci saranno nei volumi richiesti – e dunque saranno essenziali i biocarburanti di origine biogenica”, commenta il Presidente UNEM.
Una questione politica
Come abbiamo visto, l’attuale quadro normativo da un lato promuove l’utilizzo dei biocarburanti, dall’altro ne impone la fine nel 2035, insieme al motore endotermico, frenando quindi tutta la ricerca e sviluppo per ulteriori miglioramenti energetici del motore endotermico e dei relativi carburanti.
Il settore dei carburanti è guidato dalla politica, che fissa obblighi e obiettivi.
Chiedersi se “convengano” o meno gli efuel e/o i biocarburanti è una questione complessa, non meramente economica (al momento la produzione di entrambi è più costosa rispetto ai carburanti tradizionali).
Obblighi chiari
Spiega David Chiaramonti, professore ordinario di Economia dell’Energia e di Bioeconomia presso il Politecnico di Torino: “I biocarburanti sono una componente essenziale del mix energetico, e come gran parte del settore dell’Energia, anche quello dei carburanti sostenibili è un settore policy driven.
In Europa sono necessarie policy chiare che permangano per tempi lunghi, perché solo in questo modo gli investimenti possono essere realizzati. La produzione di energia rinnovabile è stata tipicamente sostenuta attraverso incentivi, ma nel settore dei carburanti per trasporti si procede attraverso obblighi, creando cioè quote obbligatorie da raggiungere attraverso l’impiego di combustibili sostenibili prodotti da fonti rinnovabili. In questo modo si creano quindi dei mercati dedicati”.
Per sostenere il processo di decarbonizzazione serve un approccio pragmatico e neutrale sulle diverse tecnologie, nonché delineare un quadro chiaro per lo sviluppo della filiera. Questo è impossibile senza rivedere la disciplina comunitaria sul calcolo delle emissioni dei veicoli leggeri e pesanti che utilizza l’approccio Tank-to-Wheel (dal serbatoio alla ruota), anziché calcolare le emissioni sul ciclo di vita.
LE STRATEGIE DEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI
L’Italia è tra le nazioni più avanzate nei biocarburanti. Nel nostro Paese sono già operative due bioraffinerie, tra le 9 presenti in Europa, e una terza dovrebbe arrivare nel 2026. A queste vanno aggiunte diverse raffinerie tradizionali che hanno investito in impianti di co-processing per lavorare selezionate materie prime biogeniche da affiancare a quelle fossili.
L’Italia ha stanziato 3,64 miliardi di euroattraverso il PNRR per accelerare lo sviluppo dell’idrogeno come fonte energetica e avere un ruolo strategico nella rete europea delle rinnovabili, ma rimane distante da Germania e Francia che hanno destinato rispettivamente 9 e 7 miliardi di euro entro il 2030 a sostegno della propria strategia sull’idrogeno.
La Germania sta puntando sulla creazione di una corposa infrastruttura che garantisca la distribuzione di idrogeno in tutto il Paese come una delle soluzioni cardine per decarbonizzare la sua economia basata sul gas fossile. La rete collegherà industrie, centrali elettriche, porti e impianti di stoccaggio e sarà pensata anche per l’esportazione oltre confine. In tutto quasi 10.000 chilometri di condotte, di cui il 60% gasdotti riconvertiti.
La Francia punta ad espandere l’approvvigionamento da nucleare, con la realizzazione di nuovi reattori, per far uscire la Francia dalla dipendenza dai combustibili fossili. Una scelta che distingue nettamente la Francia dagli altri Paesi europei.
La Spagna, già leader in Europa nel settore delle fonti rinnovabili con oltre il 50% di energia generata da eolico e fotovoltaico, si candida a diventare il maggiore produttore europeo di idrogeno verde nel giro di sei anni. La Spagna intende diventare così un esportatore netto di H2, in primis verso la Germania.
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