Chi consegnerà la vostra auto? Dopo quella dei chip, arriva la crisi della logistica
Se prima a mancare erano i materiali necessari a costruire le auto, adesso a scarseggiare sono i mezzi adatti a trasportarle. E i piazzali dei concessionari restano vuoti.
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“Chi consegnerà la vostra prossima auto?” questo il titolo del rapporto stilato dall’ECG – The Association of European Vehicle Logistics che denuncia la crisi che ha colpito il settore della logistica automotive. Problematiche che stanno mettendo a dura prova il mercato dell’auto.
La produzione, seppur a rilento, è ripresa, le fabbriche sono a lavoro, ma i prodotti faticano a giungere a destinazione. A riempirsi non sono i piazzali delle concessionarie ma quelli di porti e case costruttrici. Le auto ci sono ma mancano le bisarche e, ancor di più, i professionisti in grado di manovrarle.
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Dalla crisi dei chip alla crisi di capacità
“Andrà peggio, prima di andare meglio” ha sentenziato alla ECG Conference dello scorso ottobre il direttore esecutivo Mike Sturgeon. È l’onda lunga della crisi del 2020 quando, a fronte del calo e dell’imprevedibilità dei volumi trasportati, gli operatori della logistica hanno smesso di investire nella propria attività, preferendo il guadagno certo della dismissione dei mezzi; mentre allo stesso tempo la manodopera veniva dirottata altrove.
Negli ultimi tre anni, i più grandi tra i logistic providers attivi in Europa hanno dismesso il 27% della capacità, pari a circa 1.500 veicoli, avviati per lo più a demolizione e dunque definitivamente fuori mercato. Mentre, ad oggi, una percentuale compresa tra il 5 e il 10% dei mezzi è ferma per la mancanza di autisti. E, di fronte a tale instabilità, i piccoli operatori prediligono l’offerta su base spot, rifuggendo contratti stabili e aumentando così la già altalenante efficienza del settore.
Situazione simile a quella del trasporto su gomma si registra anche nel contesto del trasporto marittimo di corto raggio. Le navi più vecchie sono state demolite o cedute ad aziende asiatiche, mentre gli investimenti per la costruzione delle navi di taglie inferiori sono fermi. Qualche unità più grande è in costruzione, ma ci vorranno tra i 4 e i 5 anni prima che i lavori vengano portati a termine.
Contrazioni di capacità anche nel trasporto ferroviario, abbattuto dalla mancanza di investimenti a lungo termine nelle infrastrutture e dalla carenza di macchinisti. Gli operatori di locomotive, a torto o a ragione, stanno trascurando la logistica dei veicoli a favore di attività più stabili e prevedibili. Se a tutto ciò si aggiunge il sempre più elevato costo del carburante e la guerra in Ucraina (con conseguente mancanza di manodopera e chiusura delle tratte ferroviarie), ben si comprendono i toni apocalittici del numero uno dell’Ecg.
Le prospettive della logistica automotive
Dopo una prima analisi di dati e numeri atti a delineare la situazione attuale, lasciamo che a descrivere lo stato della logistica automotive sia un portavoce del settore, Marco Armosino, General Manager della società Autotrade&Logistics del gruppo Koelliker: “Durante la pandemia le società di trasporto hanno sofferto gravi difficoltà economiche, interrompendo i nuovi investimenti. Molti autisti hanno cambiato mestiere e chi è andato in pensione non è stato sostituito. Negli ultimi anni è mancato il refresh tanto di personale quanto di strutture. Tuttavia, la capacità ridotta per un po’ di tempo non si è notata, con i volumi in calo a causa del chip shortage”.
Fino a quando la produzione non è ripresa e i quasi 500mila autisti mancanti in tutta Europa hanno iniziato a pesare, “poi – continua Armosino – altri autisti sono venuti meno in seguito alla guerra, con i dipendenti ucraini, russi e bielorussi tornati in patria per arruolarsi. Il picco di mancanza di personale si è registrato lo scorso settembre, con una media del 30% di autisti mancanti. Con una domanda fortemente più alta dell’offerta, autisti e trasportatori (specie le società più piccole che non avevano contratti diretti con le case automobilistiche) hanno iniziato a vendersi al migliore offerente. Nei paesi del nord Europa come Belgio, Francia e Germania, le tariffe sono aumentate fino al 300%”.
Inizialmente le case costruttrici, spiega il manager, sono rimaste ferme sulle proprie posizioni, senza rivedere i contratti, “che tradizionalmente venivano tirati giù di circa il 5% ad ogni rinnovo” e preferendo, invece di affidarsi alle società di trasporto, far da sé, ingaggiando autisti spot e, così facendo, “drogando il mercato con ingaggi stratosferici ad autisti indipendenti, mentre le società di trasporto non riuscivano a reperire personale, non essendo in grado di competere con le cifre offerte dalle Case”.
Si trattava di soluzioni estemporanee, nell’errata convinzione che il problema sarebbe rientrato in un paio di mesi: “Infine i produttori di automobili hanno accettato di rivedere i contratti con le società di trasporto, ma attuando degli addendum periodici alle vecchie tariffe, con aumenti attorno al 40%, ma da rivedere di due mesi in due mesi e con pesanti penali legati al raggiungimento degli obiettivi”.
La prospettiva da adottare per tornare a un mercato stabile, però, suggerisce Armosino, è quella del lungo termine: “È stato distrutto un intero sistema che adesso va ricostruito, ma per farlo ci vorranno degli anni. È necessaria una revisione del modello logistico da parte delle case auto, prima il prezzo era imposto al ribasso, ma ci si sta rendendo conto che sono necessarie tariffe più eque, tali da permettere al trasportatore di pagare adeguatamente i dipendenti e, allo stesso tempo, potersi permettere investimenti futuri. Altrimenti si entrerà in un loop dove, alla fine, non resterà più nessuno a consegnare le auto”.
Vuoi diventare un camionista?
Se fino a pochi mesi fa, i costruttori erano impossibilitati a produrre veicoli a causa della mancanza di chip e materie prime essenziali, oggi le vetture escono dalle fabbriche (quasi) senza problemi, ma non riescono a giungere dal concessionario. La carenza di bisarche e autisti specializzati ha portato alla saturazione dei piazzali logistici dei centri produttivi.
L’impianto Stellantis di Sochaux, in Francia – dove si producono, tra le altre, le popolari Peugeot 3008 e 5008 – dopo aver riempito al massimo della sua capienza i propri piazzali si è visto a costretto a trovare una soluzione alternativa. Attualmente, le vetture prodotte dallo stabilimento sono parcheggiate presso l’ex scalo militare dismesso di Lure-Malbouhans, a circa 40km dall’impianto. Mentre si cercano altri luoghi per piazzare l’eccesso delle circa 1.100 unità prodotte giornalmente, di cui solo 800 pronte alla spedizione.
Restando in casa Stellantis, tra le alternative pensate per compensare la mancanza di professionisti della logistica, il colosso ha proposto agli operai degli stabilimenti di Melfi, Saragozza, Vigo, Madrid e il succitato centro francese di reinventarsi nel ruolo di autisti di bisarca su tragitti internazionali. Per chi accetta, riporta il quotidiano spagnolo La Vanguardia, è previsto un bonus pari a 800€ al mese, più gli straordinari.
Per aderire alla proposta non serve essere in possesso della patente CQCM, quella per il trasporto di merci per conto terzi, basta avere la patente C e un’età maggiore di 21 anni, alle spese per il conferimento della qualifica ci penserà la casa costruttrice. Secondo Bloomberg, sono circa 140 i dipendenti che hanno accettato l’offerta, tra italiani, francesi e spagnoli. Allo stesso modo, Renault ha avviato dei corsi di guida per far ottenere la patente per guidare i camion ad alcuni dipendenti della società di recruiting Adecco.
Il nodo del trasporto marittimo
Tra le case costruttrici dell’automotive e gli operatori della logistica marittina, ultimamente, non corre buon sangue. “Dall’inizio del 2021 molti produttori non sono stati in grado o non hanno voluto fare previsioni sui volumi di produzione. Inoltre, pochi sono in grado di prevedere con certezza quando la situazione vedrà un miglioramento” sono le parole di Sturgeon.
Secondo l’associazione a rappresentanza degli operatori della logistica dei veicoli finiti a livello europeo, il problema affonda le sue radici in tempi precedenti alla crisi dei chip: “I produttori di automobili per anni hanno tratto vantaggio dal loro rapporto con i fornitori di logistica outbound offrendo volumi sovrastimati, oppure nessuna garanzia di volumi e con l’aspettativa che gli operatori logistici avrebbero ammortizzato qualsiasi oscillazione di mercato raggiungendo comunque livelli di fornitura esigenti”.
A tale incertezza di volumi, aggravatasi negli ultimi anni a causa dei problemi che hanno colpito il mercato auto, gli operatori della logistica hanno reagito riducendo la capacità e i giorni di attività dei piazzali, mentre sono stati numerosi gli operatori che hanno preferito deviare verso altre professioni o, in ogni caso, abbandonando il settore dell’automotive.
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A metà 2022, l’indagine trimestrale Cost & Confidence delle aziende del comparto della logistica veicoli ha evidenziato che solo il 30% di queste stava pianificando investimenti in bisarche e autisti per il semestre successivo. E la tendenza a ribasso sugli investimenti riguarda anche gli operatori dei piazzali portuali, le officine tecniche e il personale addetto alla logistica dei veicoli (cui si aggiunge il problema dei numerosi autisti ucraini tornati in patria per arruolarsi). A spaventare è la mancanza di fiducia nei volumi futuri.
Meno del 20% delle società è ottimista verso il futuro del business, che registra costi produttivi – rappresentati dalle paghe per gli autisti (cui sono stati concessi tra i 2 e i 3 aumenti di stipendio per evitare le dimissioni), dal costo del carburante (aumentato fino al 60%) e da quelli per la sostituzione e l’acquisto di nuovi mezzi – ai massimi storici. La fuga dal settore potrà far sì, secondo il presidente dell’associazione Wolfgang Göbel, che per molte aziende sarà impossibile trovare disponibilità di conducenti dei camion ordinati oggi, pur se questo arriverà a distanza di un anno. Così, le auto del piazzale del Faldo, piazzale gestito dalla società AutoTrade & Logistic del gruppo Koelliker al porto di Livorno, precedentemente in transito ogni 10 giorni, oggi restano ferme anche più di un mese.
La supply chain del futuro
“Abbiamo dato per scontato che questo mondo permettesse il libero scambio e la libera circolazione di persone e merci, ma non è proprio così. E ci sono oggi numerosi elementi che lasciano intravedere un vero e proprio cambiamento epocale”. Afferma Michele Palumbo, docente di Operations e Supply Chain presso alcuni fra i principali atenei italiani, coordinatore scientifico presso 24 Ore Business School e consulente per le strategie e lo sviluppo di soluzioni logistiche innovative al servizio dei clienti, mostrando come le problematiche riscontrate nella logistica automotive si espandono all’intero settore.
“È come aveva previsto Nikolai Kondratieff – spiega il professore – Il mondo non progredisce in modo lineare, ma con forti discontinuità che hanno conseguenze sociali impressionanti. Di fronte a innovazioni tecnologiche radicali, l’ordine economico precedente viene smantellato per costruire uno nuovo”. E la nuova supply chain che si sta delineando, continua Palumbo, “può essere descritta nelle tre parole che formano l’acronimo coniato dal futurologo Sean Culey: PAL Supply Chain, dove PAL sta per personalizzazione, automazione e prossimità”. Personalizzate saranno le merci, così come ci ha abituato l’e-commerce, “la merce e la sua modalità di acquisto sono disegnate esattamente sulle esigenze del singolo individuo e non, come tradizionalmente, sull’ipotetica domanda di un variegato gruppo di consumatori suddivisi in segmenti a priori dalle aziende”.
Mentre l’automazione non è mera meccanizzazione, ma “un’intelligenza artificiale in grado di predire il futuro. Questi sistemi intelligenti apprendono guardando quello che accade ora, non quello che è successo nel passato”. Infine, la geografia si restringe nel locale, “nel clima geopolitico degli ultimi anni la globalizzazione non è più volano dell’economia mondiale, ma assume sempre più spesso l’aspetto di una potenziale minaccia alla sicurezza dei singoli stati”.
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