Milano-Amsterdam andata e ritorno in un Weekend… on the Road!
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Tre amici, un ponte (quello del 2 giugno) e una pazza idea che circolava in testa già da diverso tempo: un viaggio ad Amsterdam in auto, per un Weekend on The Road in piena regola. Una scorribanda per l’Europa di 1309 km (metro più, metro meno) a bordo della Fiat Tipo Station Wagon messa a disposizione dalla redazione.
Mica male come Test Drive, eh?
Per la cronaca, si tratta della 1.6 JTDM da 120 cavalli, equipaggiata con il Nuovo cambio automatico DDCT, appena presentato da FCA e dotata di allestimento LOUNGE con Pack Tech.
Avremo modo di vedere tutta la tecnologia durante il viaggio, ma la prima cosa che balza all’occhio sono i cerchi in lega da 17’’, una chicca inaspettata che impreziosisce il design generale della vettura. L’auto è indubbiamente comoda, e per un viaggio così non può che farci piacere, i comandi sono intuitivi e anche il computer di bordo non necessita di un master alla Nasa per essere compreso.
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Serve giusto qualche Chilometro per impratichirsi con il cambio, cancellare dalla mente l’istinto naturale di schiacciare la frizione, evitando magari un colpo al cuore quando il piede sinistro fende l’aria senza trovare il pedale, poi fila via tutto liscio.
IN VIAGGIO VERSO AMSTERDAM
Tutto comincia la sera del primo giugno, giovedì. Dopo aver finito di lavorare ed esserci riposati il minimo sindacale, è già tempo di caricare la macchina e andare all’avventura. La capienza del bagagliaio della Tipo ci viene in soccorso, dato che – da bravi italiani – la quantità di valigie, borse, sacchetti e sacchettini sembrerebbe più da vacanza di tre mesi in Sicilia che da weekend in Olanda.
Comunque, dopo aver dimostrato la nostra abilità nel Tetris ed essere riusciti a sfruttare ogni centimetro cubo del baule, finalmente si parte.
Visto che le cose semplici non fanno per noi, decidiamo di evitare la strada più veloce, quella che – per intenderci – taglia la Svizzera e attraversa in linea quasi retta la Germania fino a sfociare in Olanda dalle parti di Maastricht.
Nah, troppo facile, e poi c’è da pagare il tagliando dell’autostrada elvetica. Lo scozzese che alberga nei nostri cuori ci consiglia un giro alternativo: attraversare Piemonte e Val d’Aosta, sconfinare in Francia dal tunnel del Monte Bianco e poi su, verso l’infinito e oltre, in una scampagnata nel BeNeLux dritta dritta fino ad Amsterdam. Ecco l’itinerario di viaggio (via Google Maps)
Partiamo da Milano intorno alle 22:30, e nel primo pezzo di strada fino a Courmayeur finisce definitivamente il rodaggio al volante. Facciamo 50 euro di gasolio dalle parti di Vercelli, poco prima di finire il carburante, per cercare di fare un calcolo approssimativo dei consumi.
Ecco, su questo capitolo diciamo bene ma non benissimo. Pur non tirandolo al massimo (arriverebbe a sfiorare i 200 Km/h, ma ovviamente siamo rimasti nei limiti di velocità) il motore 1.6 Diesel beve discretamente. La modalità ECO aiuta a risparmiare qualcosina, ma non fa miracoli. Contando anche il fatto che abbiamo viaggiato prevalentemente di notte, senza l’ausilio di aria condizionata e quant’altro, ci aspettavamo qualcosina di più.
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Ciò che invece ci ha impressionato (e divertito, ndr) oltre alle previsioni è il Cruise Control. Dopo averlo impostato, l’effetto è quello di essere in un videogame, dove si può regolare la velocità direttamente dal Joystick evitando di agire sui pedali. Il traffico pressoché nullo della notte fonda ci permette di utilizzarlo per lunghi tratti senza intervenire sul freno, che lo annulla.
La scalata di marcia del motore è abbastanza fluida, e la risposta quando si alza o abbassa la velocità è praticamente immediata. Promosso su tutta la linea.
Ci torna utile al traforo del Monte Bianco, dove il limite è compreso tra 50 e 70 Km/h ed è obbligatorio lasciare 150 metri di distanza tra un veicolo e l’altro. Per gli 11,6 Km che ci separano da Chamonix e dalla Francia ci rilassiamo facendo due conti: l’autostrada italiana è costata circa 35 euro, il biglietto di andata e ritorno del traforo 55 euro. Lo scozzese inizia a battere in ritirata, rosso in volto.
DALL’ALTRA PARTE DEL CONFINE
L’alba ci sorprende da qualche parte tra Digione e Nancy, lungo la strada a scorrimento veloce francese. Ecco, lasciatemi spendere due parole. Noi avremo mille problemi con le nostre autostrade, tra lavori in corso, deviazioni assurde e aumenti delle tariffe, però almeno le distanze Chilometriche e le uscite sono ben indicate.
In Francia è utopistico capire quanto manca a una certa città, mentre il primo cartello che indica un’area di sosta, mediamente, viene mostrato a 800 metri dallo svincolo. Senza contare i caselli disseminati random lungo la via, con pedaggi fissi che obbligano a rallentare e perdere tempo. In tutto anche in Francia abbiamo speso circa 40 euro, grazie al cielo in Lussemburgo, Belgio e Olanda le autostrade sono gratuite.
Per fortuna, il navigatore satellitare della Fiat Tipo indica anche i Km che mancano al prossimo distributore, permettendo di stimare l’autonomia e programmare le soste con un minimo di anticipo.
Facciamo di nuovo rifornimento in Francia, diverso tempo prima di entrare nel Lussemburgo, in una piazzola di sosta immersa nei boschi. In realtà, tutta l’autostrada sembra essere piantata nel nulla più assoluto. Non è necessariamente un male, ma di notte il buio è totale e i punti di riferimento (senza usare gli abbaglianti) decisamente pochi.
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Va meglio tra Lussemburgo e Belgio. Ormai è giorno fatto, iniziano ad esserci più auto in giro e ci tocca usare più spesso freno e acceleratore. A dir la verità, abituati come siamo al modo di guidare aggressivo delle nostre parti, siamo disorientati dal procedere identico di ogni automobilista belga, tutti alla stessa andatura e tutti ben distanziati.
La stanchezza si fa sentire, ed è tempo di sfoderare l’arma segreta. Il sedile della Fiat Tipo è dotato di supporto lombare per la schiena. Schiacciando un pulsante, dallo schienale esce un cuneo che si adatta alla spina dorsale, con un sollievo per chi guida da ore che assomiglia da vicino all’acqua nel deserto.
Troviamo un po’ di traffico in zona Bruxelles e dopo il confine olandese. Le strade dei Paesi Bassi sono quasi sempre a due corsie, il che comporta diversi rallentamenti tra Rotterdam, Eindhoven e Amsterdam. Poi, quando ormai è quasi mezzogiorno, vediamo questo cartello, e capiamo che il più è fatto.
L’ultima parte è un’agonia di qualche decina di Km lungo la tangenziale di Amsterdam. Limite a 100 km/h, centinaia di vetture in marcia coordinata sui 98/99, zero possibilità di sorpasso e un’attesa infinita fino alla città. Alle 13:30 di venerdì 2 giugno, praticamente 15 ore dopo essere partiti, siamo ad Amsterdam.
FINALMENTE AMSTERDAM
Immediatamente dopo averla scaricata, andiamo a parcheggiare la Tipo in un silos a pagamento. Gli spazi dei parcheggi sono veramente stretti, dandoci la possibilità di utilizzare sensori di parcheggio e telecamera posteriore. La decisione di abbandonarla al sicuro nasce un po’ perché dopo tutte le ore al volante (e in previsione del ritorno) non ci pensiamo minimamente a guidare ancora, un po’ perché girare nella capitale in auto è un’impresa.
In Olanda circolano qualcosa come 18 milioni di biciclette, più di una pro capite, la maggior parte delle quali ingolfa quotidianamente le piste ciclabili di Amsterdam. Il traffico su due ruote è paragonabile a quello di punta di una metropoli, ad una velocità da arrivo in volata al Tour de France. Abbiamo provato ad unirci allo sciame una sera, prendendo in prestito un paio di bici e noleggiandone una terza. A distanza di una settimana ho ancora i brividi.
I mezzi pubblici sono parecchio costosi (il biglietto della metro di Amsterdam costa 3 euro), quindi una buona soluzione se si è in 3 o 4 è il ricorrere a Uber o simili. Mentre in Italia ancora si discute animatamente nell’eterna lotta tra autisti Uber e tassisti, all’estero le cose vanno alla grande.
Con una spesa di 12 euro circa (diviso quattro, quindi, lo stesso importo del tram ma con la comodità di una macchina) si va dall’estrema periferia al centro, un terzo di quanto richiesto dai Taxi tradizionali. Non solo, l’operatore che abbiamo sfruttato nei 2 giorni di permanenza, Abel, utilizza esclusivamente auto elettriche. Si paga con una prepagata nel momento della prenotazione, sapendo fin da subito costi e tragitto.
Non a caso, i Paesi Bassi sono uno dei paesi più green d’Europa, tanto che in meno di 10 anni contano di sopprimere definitivamente le auto diesel e benzina. In giro per la strada, oltre la cortina di biciclette, l’occhio di chi è allenato a parlare di auto ogni giorno cade inevitabilmente sul numero impressionante di Tesla in circolazione. La fabbrica del colosso elettrico si trova vicino allo stadio dell’Ajax, la appena ribattezzata Johan Cruijff ArenA, ed è veramente imponente.
COSA VEDERE AD AMSTERDAM
Dato che questo articolo è a portata di datori di lavoro e consorti, ci concentreremo soprattutto sulle attrazioni che anche nel nostro paese sono legali. Scherzi a parte, un giro nella Red Light District, il quartiere con le signorine disinibite in vetrina, è sicuramente un viaggio antropologico e sociologico di un certo livello.
Meglio concentrarsi sui ponti lungo i canali, che fanno capire perché Amsterdam sia stata ribattezzata la Venezia del Nord (una cugina alla lontana, però col suo fascino), le case dai colori assurdi e rigorosamente storte (a volte strettissime ai limiti della vivibilità) e le piazze.
Piazza Dam è la più famosa, ma obiettivamente anche la meno caratteristica. Il mercato dei fiori (e delle cianfrusaglie per turisti) offre tulipani di ogni tipo, mentre una passeggiata nel de Pijp rilassa quanto un sonnellino. È un quartiere residenziale, tranquillo e pittoresco. Una full immersion nello stile architettonico olandese, che la sera diventa un polo di attrazione per i giovani grazie ai numerosi pub, locali e localini disseminati lungo le sue vie.
Da non perdere anche il museo della Scienza, il NEMO, progettato da Renzo Piano. Il divertimento all’interno è riservato ai più piccoli, mentre la vista dalla terrazza panoramica è uno spettacolo gradevole per tutte le età.
Prima di chiudere il giro lasciamo spazio alla cultura. La zona dei musei, dove fa capolino una delle famose scritte I Amsterdam, oggetto di milioni di fotografie sparse per il web, è incastonata in un prato sconfinato, dove è possibile fare un pic-nic all’ombra del museo Van Gogh o di quello dedicato all’Arte Contemporanea.
Se siete interessati a visitare la casa di Anne Frank, invece, conviene prenotare il tour prima di partire, a meno che non siate appassionati – oltre che della Storia – anche delle code chilometriche all’ingresso.
Infine, ecco alcune delle domande alle quali sono riuscito ad ottenere risposta in questi giorni:
- Cosa stanno a significare le tre X della bandiera di Amsterdam?
Esistono due teorie: per alcuni rappresentano il motto cittadino, composto dalle tre parole Heldhaftig, Vastberaden, Barmhartig (valorosa, decisa, misericordiosa); per altri simboleggiano le tre sciagure che hanno colpito la città nella sua Storia: l’acqua, il fuoco e la pestilenza. - Perché le case di Amsterdam sono storte?
Perché anche da quelle parti hanno uno scozzese nel cuore. In passato vigeva una tassa per i proprietari di immobili, basata sulla larghezza della casa. Per evitare di pagare di più, hanno iniziato a costruire abitazioni sempre più strette, con diversi problemi logistici. Per traslocare, si è reso necessario installare una carrucola montacarichi sul tetto di ogni casa, e per evitare che il mobilio sbattesse contro la facciata si è deciso di inclinarle in avanti, sfruttando la forza di gravità. - Perché alcune case sono a punta e altre piatte?
Per lo stesso motivo. Quelle piatte fungevano da magazzino (sempre caricando le merci dalla strada con la carrucola), mentre quelle a punta in cima avevano semplicemente un solaio.
IL RITORNO A CASA
Il viaggio di ritorno ha seguito grossomodo l’itinerario dell’andata, con l’unica eccezione del passaggio per Liegi (l’autostrada passa dentro la città!!) al posto di Bruxelles. Siamo partiti alle 15 domenica pomeriggio, e il sottoscritto ha parcheggiato la Fiat Tipo nel garage di casa alle 6 di lunedì mattina. Mezz’ora di sonno, una doccia al ritmo degli uccellini sugli alberi, già belli svegli (beati loro) e poi via verso l’ufficio a scrivere questo pezzo.
Questo weekend mi sa che resto a casa.